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Massimo Stronati

"Ogni volta che ordini uno Spritz un barista muore"

Scritto da Simone Muzza il 3 ottobre 2014
Aggiornato il 16 maggio 2017

Aggiornamento: Massimo Stronati ha concluso l’avventura al Doping Club, lo trovate al bancone del Vina Enoteca, a San Francisco.

Massimo Stronati, milanese classe 74, è col collega Settimio Piterà il barman del Doping Club, il bar dello Yard Hotel: un albergo meraviglioso nascosto in un cortile di piazza 24 Maggio le cui camere sono dedicate ognuna a uno sport diverso. A differenza di molti bar degli alberghi, il Doping è il cuore pulsante dell’hotel visto che si trova all’ingresso, in una lobby unica in città per cura e gusto nell’allestimento – fatta di arredi vintage, antichi cimeli e persino una sala cinema prenotabile. I barman/farmacisti conoscono i segreti dell’ospitalità e giocano con quelle che in un albergo votato allo sport sono considerate le droghe naturali con cui doparsi: spiriti, bitter, frutta ed erbe eccellenti; in una parola cocktail, tra i migliori in città per preparazione, presentazione, dosaggio e originalità. Abbiamo fatto una chiacchierata con Massimo.

Chi è il tuo maestro?

Il mio primo maestro è stato mio padre che mi ha iniziato alla professione, poi nel corso degli anni ho avuto molti maestri, sono al mio ventesimo anno di mestiere. Non vorrei fare torti a nessuno, ma sicuramente vorrei menzionare Oscar Quagliarini per l’ispirazione nel bartending negli ultimi anni ed anche perché ho lavorato con lui, Stanislav Vadrna per quello che mi ha insegnato sull’ospitalità e Luca Pirola che è una delle persone più capaci della bar industry italiana e che spesso mi riporta coi piedi per terra.

Qual è il primo cocktail che hai preparato?

Il primo cocktail fu il Campari shakerato alla milanès, me lo insegnò mio padre. Ma quello che mi ricordo sempre è il primo cocktail che sbagliai… un Margarita! Ancora a zero di merceologia misi del prosecchino invece del triple sec, arghhhh…

Com’è la linea del The Doping Club?

La linea del Doping Club è semplice: less is better! Una lista scarna da cambiare spesso, drink farm to bar, niente di chimico, tutto preparato al momento – dai classici a signature drinks. Il Doping Club è un posto dove prendersi il proprio tempo e così anche per i drink si aspetta qualche minuto in più per avere anche un taglio sartoriale, qualcosa di unico, magari partendo dalle indicazioni dell’ospite che sono sempre gradite. A voi di Zero ho proposto un M Poison.

The_Doping_Club_Massimo_Stronati_milano_bar_cocktail_sport

Quali sono i prodotti ai quali non rinunceresti mai?

La scelta dei prodotti è mirata a favorire prodotti di nicchia in modo da rendere particolari e invitanti i drink. Amiamo quei prodotti che sono distintivi. Uno dei fornitori a cui sono più legato è Jacques Zwartjes che con la sua azienda importa prodotti strepitosi, come le molte referenze di Mezcal, nostra prossima scelta per allestire una micro mezcaleria all’interno del nostro bar.

Lavorando in hotel hai a che fare con una clientela internazionale. Che differenze ci sono con quella italiana? Le ordinazioni sono le stesse?

Il fatto di lavorare in un hotel frequentato da una clientela internazionale è un notevole stimolo in quanto gli ospiti vogliono da un lato provare lo stile italiano legato alla miscelazione e dall’altro avere la possibilità di avere lo stesso drink che bevono quando sono a casa a New York piuttosto che a Mosca. Per me la sfida rimane la stessa: proporre dei signature drinks con prodotti di qualità e magari da cui emerga il mio essere italiano. Per quanto riguarda le ordinazioni, le differenze restano poche, in quanto nel mio bar cerco di proporre dei drink unici “cuciti” sull’ospite. Chiaro, chi vuole bere uno specifico drink sarà accontentato in funzione dei prodotti, Mojito e Spritz compresi…

“Ogni volta che ordini uno Spritz un barista muore”. Ma perché in Italia bevono tutti lo spritz?

“Ogni volta che bevi uno Spritz un barista muore” è un mio modo di dire per giocare con i colleghi mixologist. Lo Spritz Aperol è un drink facile e veloce da fare che ha riscosso grande successo negli ultimi anni, forse non è molto divertente da preparare per un barista “fissato” che spende i propri soldi in corsi, workshops e attrezzatura. Però bisogna assecondare i desideri del cliente e quindi che Spritz sia… Magari qualche volta proponendolo con un liquore diverso per sorprendere l’ospite.

Mixologist o “minchiologist”?

Minchiologist è il bartender nerd, quello fissato come me… L’icona è hipster baffi barba e bretelle. Quelli true sono quelli che studiano, si documentano e viaggiano; quelli fake sono quelli che il venerdì sera vengono a chiederti drink del proibizionismo senza manco sapere che cazzo sono.

É un periodo parecchio favorevole per il mondo dei bar e dei barman a Milano: qual è il tuo punto di vista?

Il mondo del bar e della miscelazione in generale sta vivendo un momento di notevole fermento e trovo che una città come Milano, che si propone come cosmopolita, debba avere le capacità per offrire un servizio all’altezza di tutte le capitali europee. I bartender milanesi appassionati al mestiere ce la stanno mettendo tutta affinché gli ospiti stranieri, ma anche i concittadini, possano trovare delle realtà dove il bar è non solo un punto di incontro ma anche un posto dove vivere un’esperienza. Il drink ben costruito, quasi sartoriale, credo sia la chiave dell’esperienza stessa.

Qual è l’oggetto a cui non rinunceresti mai mentre lavori?

L’attrezzatura per me è molto importante per due aspetti. Il primo perché è funzionale al drink, il secondo è più scenografico, ovvero serve per intrattenere il cliente al bancone del bar. Perché, non dimentichiamolo, stare al bar è come andare a teatro, ogni sera c’è uno spettacolo diverso fatto dal barman insieme con gli ospiti. Non rinuncerei mai al mio spremilime, simbolo e fautore della freschezza di molti drink che amo come il Daiquiri.

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Quali sono i tuoi bar preferiti in Italia

Jerry Thomas Speakeasy a Roma, il bar dove lavora Oscar Quagliarini (qualsiasi esso sia), Barnum Cafè a Roma, il Rita a Milano, Lacerba a Milano, Nu Lounge a Bologna, Nottingham Forest a Milano, Bitter Bar a Pavia, Cinc a Milano, Freni e Frizioni a Roma. Magari non sono i migliori, ma quelli che per me sono tra i più veri, peraltro in ordine sparso.

Qual è il rimedio per riprendersi da una sbronza?

Il rimedio per l’hangover probabilmente è l’allenamento, nel senso che bevendo col tempo il corpo riesce a compensare meglio gli alcolici anche quando si decide di fare serata e festeggiare. Comunque se devo scegliere direi un Red Snapper, una specie di bloody mary condito bene ma con il gin invece della vodka. In ogni caso prima o poi tutti trovano il proprio rimedio.