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Emanuele Crudeli

«Io adoro La terra trema, puoi vedere lo stanzone vuoto con tutti i tuoi colleghi lì ad aspettare le persone, poi non vedi più nulla, solo bicchieri pieni di vino, vieni avvolto con rispetto da migliaia di persone curiose e vogliose di conoscere e capire il tuo lavoro»

Scritto da Simone Muzza il 28 ottobre 2015
Aggiornato il 18 novembre 2022

Dal 27 al 29 novembre torna al Leoncavallo La terra trema, l’appuntamento dedicato a vini e vignaioli autentici e indipendenti, agricolture periurbane, cibo e poesia dalla terra che ci ha fatto conoscere e innamorare di tantissime bottiglie e storie.
Abbiamo fatto una chiacchierata con alcuni tra gli espositori, scelti con i ragazzi di La terra trema perché tra i più rappresentativi della manifestazione: a cominciare da Emanuele Crudeli (Gorizia, 1/1/1976) di Terre Apuane, ex funambolo e cameriere trasformatosi in un vignaiolo innamorato della terra, del vino e pure del gin, uno dei suoi prossimi progetti. A detta degli organizzatori di La terra trema: «il futuro che vorremmo per la viticoltura italiana». Sottoscriviamo.

ZERO – Hai un ricordo d’infanzia legato al vino?
EMANUELE CRUDELI – Direi già l’origine, ovvero il Carso e i suoi Picolit. Ma più che altro dai 14 anni in poi, a Carrara: se non bevi vino non sei mica tanto normale… e rosso!

Ti sei sempre occupato di vini?
Prima di iniziare in modo professionale a fare il vino (lo faccio da 13 anni circa), facevo il cameriere (alberghiero) che mi ha permesso di viaggiare molto, poi il giocoliere, infine contadino per me stesso e poi vai col vigneto.

Quando ti sei appassionato al vino?
La passione per il vigneto nasce con la passione per la terra, e quella credo ci sia sempre stata.

Puoi presentare la tua azienda? L’hai ereditata dai tuoi genitori?
La mia azienda è nuova, non nasce da nessun podere famigliare, bensì da una liquidazione di un’azienda precedente dove ero l’unico operaio. Due soci che si davano guerra e così via. Ma i vigneti sono rimasti quelli e le barrique anche, il trattore no, ma l’enologo sì. Quindi in pratica ho portato avanti quello che era già stato costruito. Ma da solo, da operaio a imprenditore… direi da imprenditore con le spalle scoperte!

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Che uve coltivate, che vini producete, in che quantità, quanto costano?
L’azienda produce 5 vini: 2 bianchi e 3 rossi, nella quantità di circa 15000 bottiglie su una superficie vitata di 5 ettari. Nelle nostre zone (Massa-Carrara) esistono una varietà numerosa di vitigni autoctoni: nei miei vigneti ci sono principalmente il vermentino bianco, la malvasia del Candia, la albarola… Tra i rossi sangiovese, massaretta, vermentino nero, bracciola… quest’ultimi tre totalmente autoctoni! I nostri vini costano dai 7 (i bianchi e il Formarossa) ai 15 euro (Montesagro), passando dai 10 del vermentino nero.

Davvero un ottimo rapporto qualità/prezzo. Quante persone lavorano da voi?
Praticamente lavoro da solo, cerco di fare il più possibile per evitare costi. Quando vedo che arranco allora con voucher assumo una o due persone principalmente per lo sfalcio dell’erba. 3 ettari sono tutti terrazzati e quindi manuali, con gli altri 2 entro col trattore, ma a volte c’è il poggio, da tagliare l’erba… e così non finisci mai, o perlomeno quando hai finito era l’ora di ricominciare. Notate il tempo verbale: ERA! Anche quest’anno è andata! In genere chiamo sempre la stessa persona, così come per la vendemmia dove siamo invece in 12 circa: si è formata una squadra di amici, dove ognuno conosce il bello e il brutto degli altri, e così sappiamo tutti come meglio intervenire, aiutarci e festeggiare come quest’anno! A mio avviso da buon giocoliere l’equilibrio è fondamentale e così lo è anche per una squadra, per lo staff, per tutti noi. C’è fiducia, cresce l’esperienza e ripeto la conoscenza del gruppo. Per me è cosa importante.

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Come descriveresti La terra trema? Hai già partecipato? Cosa ti ha spinto a prendere parte a questo tipo di evento?
Io adoro La terra trema, la aspetto proprio perché è un evento organizzato benissimo, lo spazio è fantastico, grande, aperto. Puoi vedere lo stanzone vuoto con tutti i tuoi colleghi lì ad aspettare le persone, poi non vedi più nulla, solo bicchieri pieni di vino, vieni avvolto con rispetto da migliaia di persone curiose e vogliose di conoscere e capire il tuo lavoro. Prevalgono l’armonia e l’equilibrio, non ci sono dottori né tablet sbattuti davanti ai produttori, ma persone più o meno curiose. E senti che lì nasci tu, viticoltore, a cercare di illuminare o esaudire qualche desiderio. Questa è La terra trema per me, scusate vado un po’ di fretta perché devo andare a giocare a tennis!

Naturale, biologico, biodinamico, artigianale… Le definizioni sui vini si sprecano, e il consumatore è sempre più confuso. Voi come definireste il vostro vino?
Il mio vino è naturale, questo lo dico dal momento che in compagnia ne abbiamo bevute più di una a testa, anche di più, e il giorno dopo stavamo tutti bene. Le donne che non bevono il bianco perché gli crea bruciore col mio si ricredono e mi “ringraziano”. No diserbo mai, da nessuna parte; utilizzo per 2 o 3 volte rame e zolfo sistemico, smetto i trattamenti mediamente da una a due volte due mesi prima della vendemmia, e i dosaggi sono sempre bassi e dati con criterio. Adoro il verde, non potrei mai lavorare in un terreno bruciato dal chimico: sarebbe follia per un veneto-giuliano come me.

Il tuo vino contiene solfiti aggiunti?
Sì, nel mio vino, come indicato in etichetta, ci sono solfiti aggiunti; ma al minimo e se ne bevi tanto non avrai mal di testa. In 5 scampi o aragoste potreste trovare più solforosa che nel mio vino!

Ma un vino artigianale è migliore a prescindere da uno industriale? O è solo più sano? E poi, sei sicuro che zolfo e rame sono più sani per l’organismo?
Un vino artigianale non è più buono di uno industriale, diciamo che è molto probabile ma dipende tutto da chi lo produce. Conosco contadini che diserbano senza neppure sapere perché, e se provi a parlargliene si offendono pure. Così come conosco aziende industriali che lavorano con piena consapevolezza, gestendo i vigneti al meglio, senza lasciarsi prendere da eccessivi profitti o sfruttamenti. Fortunatamente siamo tutti diversi, ecco perché ritengo fondamentale conoscere il produttore, l’azienda e il vino.

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La maggior parte dei vini sul mercato sono prodotti con diserbanti, concimi di sintesi, pesticidi, ingredienti di originale animale… Sei favorevole a una normativa che costringa i vignaioli a scrivere tutto quello che c’è nelle bottiglie e come vine ottenuto il vino? Perché? In caso affermativo, pensi sia un traguardo raggiungibile in tempi brevi?
Certo, siamo in Italia: se l’italiano non è controllato e punito per le minchiate che combina, lo farà sempre. Mi dispiace dirlo, ma non sono come quelle madri che difendono i loro figli sempre e comunque: siamo italiani e sappiamo i nostri difetti. Mi dai una mano, mi prendo il braccio.

3 bottiglie che porteresti sulla Luna.
Uno spumante Trento DOC per festeggiare l’arrivo. Ma non credo di andare sulla Luna, neanche gratis. Poi semmai mi porterei un bianco del Carso giuliano, e un rosso (magari il mio vermentino nero). Poi, visto che siamo italiani, di sgamo una bottiglietta da mezzo litro di passito di Pantelleria.

Cosa bevi a parte il vino?
Gin. Prima o poi creeremo il GinApuano. La birra gonfia la pancia: in estate preferisco un gin&tonic alla bionda classica.

Cosa significa per te bere responsabilmente? Bevi tutti i giorni?
Bere responsabilmente significa bere bene, prodotti sani che non deteriorano il tuo stato fisico e mentale. E quando si esagera, la cura è personale: sei tu il miglior dottore, nessuno può sapere meglio di te di cosa hai bisogno. Anche gonfi di alcool bisogna sapersi ascoltare! In genere consiglierei di partire dalla bollicina per finire ai rossi e riprendere al finale con un vino bianco con buona acidità per sciacquare il palato. Questo è responsabile! Comunque sì, io bevo tutti i giorni, non c’è santo giorno che non beva: d’altronde il nostro è o non è un duro lavoro?!

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Gli organizatori
Renato Buganza
Alfonso Soranzo
Paola Leonardi e Walter Loesch
Marilena Barbera