Mattia Pastori è nato a Pavia il 28 agosto 1984 e da settembre 2016 ha aperto Damascegliere. Ha cominciato nel bar di famiglia già nei pomeriggi dopo la scuola e in breve tempo, dopo un’esperienza all’estero, ha cominciato a lavorare nei bar degli hotel a 5 stelle di Milano: Park Hyatt, Armani/Bamboo e infine Mandarin Bar. Ci racconta tutto in questa chiacchierata che abbiamo fatto in occasione della sua presenza a Zero Design Festival, quando sarà tra i protagonisti della maratona di barman e della mostra di bar/tools.
Zero – Come e perché hai iniziato a lavorare al bancone?
Mattia Pastori – I miei genitori gestivano un bar a Pavia, sono stati loro a trasmettermi la passione per questo lavoro. Ogni pomeriggio dopo la scuola li raggiungevo per stare con loro, aiutarli e imparare sperimentando.
Chi è stato il tuo maestro?
Ho avuto la fortuna di avere diversi maestri, a partire da mio padre che mi ha insegnato dall’inizio a relazionarmi con i clienti nel modo giusto. Devo ringraziare anche Fabio Fimo per avermi fatto avvicinare all’arte della mixology e Francesco Pierluigi, con cui ho imparato che l’ospitalità è una parte fondamentale del nostro lavoro.
Qual è il primo drink che hai preparato? Com’era?
Il ricordo più forte non è legato al primo drink che ho preparato, ma a quello che ho bevuto: un Daiquiri. Me lo ricordo fresco e molto secco.
Puoi raccontarci la tua esperienza professionale?
Sono cresciuto professionalmente a Pavia, prima nel bar caffetteria dei miei genitori e poi al Pozzo American Bar. Sapevo di aver bisogno di imparare una lingua straniera e quindi dopo qualche anno mi sono spostato a Chester, un piccolo paese vicino a Liverpool. Al rientro, Pavia non mi bastava più, ho cominciato a guardarmi un po’ intorno e quasi senza sapere cosa mi aspettavo, ho inviato il curriculum al Park Hyatt di Milano. Da lì è iniziata la mia avventura negli hotel 5 stelle: dopo un periodo in California con Hyatt, sono rientrato a Milano per l’apertura dell’Armani Hotel. Ora sono il Bar Manager del Mandarin Bar presso il Mandarin Oriental, a Milano, il primo hotel del gruppo in Italia.
Quando e come sei arrivato a lavorare al Mandarin Bar?
Ero ormai da diversi anni all’Armani Bamboo Bar e mi sentivo poco stimolato, avevo bisogno di una nuova sfida e l’ho trovata nell’apertura del bar bistrot del primo Mandarin Oriental in Italia. Spinto dalla voglia di crescere e di imparare dalla realtà di un gruppo internazionale, ho cominciato a seguire il progetto del bar dall’inizio, più di un anno fa quando l’albergo era ancora in fase di apertura.
Com’è la linea del Mandarin?
È una linea attenta alla qualità degli ingredienti, tanta frutta fresca e spirits di alta qualità. Cerchiamo di creare dei cocktail che possano diventare dei nuovi classici, e lo facciamo utilizzando ingredienti facilmente reperibili in tutto il mondo. Infine crediamo che l’importante sia garantire all’ospite un’esperienza complessiva di alto livello, grazie alla cura di tutti i dettagli, dall’accoglienza alla presentazione, dal servizio all’ambiente del locale.
Quali sono i prodotti ai quali non rinunceresti mai?
Il succo di pompelmo, i lamponi, lo zenzero.
Puoi stilarci una classifica delle 10 bottiglie con cui ti piace lavorare nella miscelazione e perché?
Leblon Cachaca, Martini Rubino, Tanqueray No.Ten, Stolichnaya Elit, Ocho Tequila, Cointreau, Bitter Campari, Rum Havana 3, Stravecchio Branca, Bulleit Rey.
Per Zero Design Festival parteciperai alla maratona di barman in programma domenica 20 marzo al Plastic. Molti a Milano stanno lavorando in questa direzione, migliorando pulizia, bottigliere, ghiaccio e bicchieri. Altri ancora cercano di proporre drink molto difficili (dal Sazerac al Martini per fare due nomi). Come la vedi? È un progetto fattibile?
Nelle mie varie esperienze all’estero ho potuto costatare che è già una tendenza da qualche anno negli Stati Uniti, in Russia, in Nord Europa. Era ora che arrivasse anche da noi l’attenzione nei confronti della preparazione e la possibilità di bere bene in tutti i locali, non esclusivamente quelli di alto livello.
Che cocktail preparerai al bancone del Plastic per Zero Design Festival?
Flirt in Milano 2.0, rivisitazione del Sex On The Beach:
4cl Hong-Kong Baijiu
2dash di bitter all’ibisco
4cl spremuta arancia
4cl spremuta pompelmo
2cl liquore alla pesca
Affumicatura ai boccioli di rosa
Qual è l’oggetto a cui non rinunceresti mai mentre lavori, che hai scelto per la mostra “Bar Tools/Cose da bar” che stiamo allestendo alla galleria Plasma del Plastic? Puoi farcene una didascalia per la mostra? Puoi parlarci del rapporto tra il tuo lavoro e il design, inteso come oggetti/bar tools, ma anche come lifestyle/arredamento/abbigliamento?
La coppa da cocktail è secondo me l’oggetto di design più bello del ventesimo secolo, ha portato stile ed eleganza nella vita di tutti i giorni. Ho cercato di reinventarla ma, in realtà, non può essere sostituita o modificata.
Puoi raccontarci com’è essere il bar manager del bar di un hotel di lusso? Che differenze sostanziali ci sono rispetto a un cocktail bar, seppur di qualità?
Nessuna differenza, in entrambi i casi bisogna raccontare chi si è ai propri ospiti, attraverso gli strumenti che si hanno a disposizione, cercando di garantire un’esperienza al di là delle aspettative.
Che rapporto hai con lo staff del ristorante del Mandarin, il Seta?
Seta è diventato fonte d’ispirazione, a partire dallo Chef Antonio Guida, che con la sua esperienza e la sua professionalità, trasmette passione solo nel vederlo lavorare. Mi affascina talmente la sua scelta degli ingredienti e le loro combinazione che sto cercando di creare dei cocktail che si abbinino ai piatti proposti nella carta del Seta. Anche Alberto Tasinato, il nostro Restaurant Manager, mi sta insegnando tanto, dato che il Mandarin Bar è anche ristorante e all’inizio non è stato semplice confrontarmi con un tipo di servizio diverso da quello del bar.
Qual è il cocktail da provare al Mandarin?
Il Martini Reverse:
3cl Martini riserva ambrato
5cl Bombay East
1 bar spoon di aceto di riso
Mixing glass coppa rovesciata
É un periodo parecchio favorevole per il mondo dei bar e dei barman a Milano: aprono sempre più locali, alcuni anche di qualità. Qual è il tuo punto di vista? Li frequenti? Ti piacciono?
Purtroppo non ho modo di frequentarli molto. Sicuramente negli ultimi periodi, anche grazie alla televisione e i media, le persone sono tornate ad uscire per bere e mangiare bene ed è aumentata la domanda di ristoranti gastronomici e cocktail bar. Per questo stiamo assistendo ad un evoluzione dei bar da tutti i punti di vista, dal design alla creazione delle bottigliere. Anche i drink sono sempre più studiati e a volte si avvicinano al mondo della cucina attraverso tecniche di preparazione degli ingredienti e selezione della materia prima.
Quali sono i locali di Milano che frequenti?
Dry, Rita, The Stage, Mag, la gintoneria di Davide, Wicky’s, Trussardi alla Scala, tutti gli hotel e molti altri.
Che città consiglieresti per un weekend dedicato al bere bene? Perché?
Beirut o Mosca hanno ottimi cocktail bar, sono città in cui è divertente scoprire come da prodotti e tecniche diversi da quelli che utilizziamo noi, nascano cocktail particolari e come la differenza nello stile di vita ispiri un’approccio diverso con l’ospitalità.
Tu cosa bevi di solito?
Dipende da dove sono, con chi sono, che tempo c’è fuori, che ora è, sono molto influenzato da quello che mi gravita attorno.
Bevi tutti i giorni? Cosa significa per te bere responsabilmente?
Purtroppo o per fortuna, non bevo mai tutti i giorni, a lavoro non assaggio praticamente mai. Bere responsabile? Mi domando ancora chi possa aver introdotto un termine del genere.
E qualora avessi esagerato, qual è il rimedio per riprendersi da una sbronza?
Sono più per prevenire: se accompagnate i vostri drink con tanta acqua sicuramente riuscirete a prevenire una sbronza e a godervi quello che bevete.