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Paride Vitale

L'8 settembre ha organizzato l'evento di presentazione di Skin come nuovo giudice di X-Factor e ha diverse cose in cantiere, ancora top secret, a ottobre. Voleva fare il giornalista e gli piaceva così tanto comunicare che ora lo fa attraverso gli eventi per i brand. Ci riesce bene! Ama il Plastic e se potesse ci porterebbe a ballare anche Ettore, il suo jack russel

Scritto da Emanuele Zagor Treppiedi il 23 agosto 2015
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Negli anni più recenti se ci siamo divertiti alle feste di alcuni brand è anche grazie a Paride Vitale. Dopo diversi lavori per terzi (MINI e Sky in primis) ha aperto la sua Paridevitale S.r.l., agenzia di cui è amministratore unico, per quanto se gli chiedeste cosa vuol dire non lo saprebbe. Lo potete trovare che si dimena al Plastic, il suo locale preferito da quando si è trasferito da Bologna a Milano. Quando sta a casa, si rilassa guardando Bruno Vespa o Floris… per fortuna non mi ha mai invitato da lui, ma solo ai party, tra cui spiccano quelli matti, e sempre ben riusciti, per la rivista di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari «Toilet Paper». Ettore, il suo jack russel, lo accompagna ovunque e secondo me mentre rispondeva alle nostre domande era accucciato sulle sue gambe.

Chi sei? Cosa fai? Da dove vieni? Perché sei qui?
Mi chiamo Paride e faccio il comunicatore; lo faccio perché vengo da Pescasseroli, un meraviglioso e piccolo paese dell’Abruzzo dove regna il silenzio. Il posto ideale per farsi venire tante idee.

Torni spesso a Pescasseroli?
Ahimè, due o tre volte l’anno, ma più passa il tempo e più la riscopro: passeggiate in montagna, partite a tennis, cavalcate tra i boschi: invecchierò bene.

È divertente occuparsi di comunicazione per i brand?
È divertente occuparsi della comunicazione di un brand, è bello che un brand parli a orecchi che sanno ascoltare, ci sono molti modi per comunicare: gli eventi sono tra i più divertenti.

Come funziona il tuo lavoro?
Come quello di uno stilista: il cliente descrive il proprio marchio e ti chiede di vestirlo nel modo giusto, di renderlo attraente. Poi parli con il tuo team, insieme con loro compri stoffa, tagli, cuci e quando il vestito è pronto lo metti addosso al tuo brand e lo spingi in passerella. Se sei stato un bravo stilita arriveranno gli applausi, gli articoli del giorno e la collezione andrà a ruba.

A giugno e luglio sei stato impegnato con le Disaronno Terrace alla terrazza di via Palestro; ci racconti com’è nato questo progetto e di cosa si tratta?
Il progetto è nato 6 anni fa, quando Paolo Dalla Mora, il direttore comunicazione del brand, mi chiese di pensare alcuni appuntamenti a Milano che creassero awareness e fidelizzazione intorno al Disaronno Sour. È una bella avventura, in cui c’è il target giusto per il brand, ne parla la stampa, le celebrities vengono in maniera naturale e c’è una bella energia. Ora le Disaronno Terrace sono in 6 città italiane, a Londra, New York, Tokyo e Madrid. Qualcosa l’abbiamo azzeccata.

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Quali sono gli altri progetti autunnali che hai in cantiere?
Questo autunno mi aspettano molte sfide: sono diventato consulente per le attività della Presidenza della Festa del Cinema di Roma e si avvicinano i 50 anni di Gufram di cui curo anche l’ufficio stampa e poi tanti eventi non solo a Milano.

Ci racconti la tua giornata?
Inizia sempre con 5 minuti di coccole a letto con Ettore (il jack russel più simpatico del mondo), estratto di frutta, passeggiata di 3 minuti verso l’ufficio, caffè e punto con le 6 persone che mi sopportano tutti i giorni. I pranzi e le cene quasi sempre sono di lavoro, mai il lunedì ché sono distratto e mai di venerdì ché sono euforico.

Il tuo Ettore ti segue ovunque? Dove vi siete incontrati? Dove andate a passeggio?
In molti mi chiedono «Ma come fai ad avere un cane con la vita che fai?» io rispondo «Meno male che ho Ettore con la vita che faccio!». Un giorno, per caso, sono passato davanti la vetrina di un negozio per cani, non avevo nessuna intenzione di comprare un animale, poi l’ho preso in braccio, lui si è svegliato, mi ha guardato e non ci siamo mai più separati. A 4 mesi è venuto a New York e a 6 in Brasile; diciamo che si sente a suo agio negli intercontinentali, meglio se in business.

Paride Vitale ed Ettore vanno a caccia
Paride Vitale ed Ettore vanno a caccia
 
Se Ettore potesse parlare che cosa racconterebbe di te?
Che sono il miglior amico del cane.

Quanti siete alla Paridevitale srl? Come hai conosciuto i tuoi collaboratori?
Siamo in 8: Marta, la veterana dell’ufficio stampa, affiancata da Chiara, Maria Teresa e Paolo agli eventi, Fabio alle attività speciali e Roberta alle digital PR, Ettore alla Presidenza e io, come dice il commercialista, sono l’Amministratore Unico; non capisco cosa voglia dire, ma suona bene. Non è stato facile mettere su la squadra giusta, è una questione di professionalità, onestà, serietà e attitudine. Non posso nascondere di aver avuto qualche delusione, ma ora ho una squadra stupenda che ha tutte queste caratteristiche.

Foto di gruppo (come a scuola ma solo per Zero): Paride con Ettore, Chiara Valentini (davanti), Maria Teresa Frezza (dietro), Marta Marrucco, Fabio Marino, Paolo Umana
Foto di “classe” per Zero: Paride con Ettore, Chiara Valentini (davanti), Maria Teresa Frezza (dietro), Marta Marrucco, Fabio Marino, Paolo Umana
 
Che cosa ti ha spinto a dedicarti al mondo degli eventi? Come hai iniziato?
Avrei voluto fare il giornalista e ogni tanto lo faccio ancora. Dopo una laurea in Economia, facoltà che ho amato, ho seguito per 7 anni la MINI come Pr Manager: sono stati anni stupendi, una splendida squadra che ha lanciato in Italia uno dei marchi più belli del mondo. Ho avuto due persone stupende in BMW: Roberto Olivi e Gianni Oliosi, che hanno creduto in me. Senza di loro magari ora sarei dietro uno sportello in banca.
Poi sono stato in Sky, prima seguendo gli eventi sul territorio e poi le PR dell’AD, Tom Mockridge, passando per la comunicazione interna.
Successivamente, quando ho capito di aver ormai visto tutta la comunicazione a 360 gradi, ho deciso di aprire la mia agenzia e mettere così a frutto tutto quello che avevo imparato.

Ti piace il tuo lavoro?
Lo amo, ogni volta bisogna inventarsi un nuovo modo per comunicare un brand, un prodotto, un’attività. A volte resto in ufficio anche 20 ore, ma non mi pesa mai.

Chi sono i tuoi clienti?
Sono molto fortunato: con i miei clienti prima di tutto ci sono sintonia, rispetto e apprezzamento reciproco. Dietro marchi come Disaronno, Seletti, Sky Arte, Gufram, H&M e molto altri ci sono persone che stimo, i progetti non si fanno mai da soli, si costruiscono a 4 mani con il cliente.
Dico sempre che ogni anno faccio due cazzate e ogni volta sono lavori che sentivo dall’inizio non miei, ma sono una persona che non sa dire “no”. Ora ho imparato, e se non dico no, faccio in modo che lo dica il potenziale cliente.

«Qualcuno diceva che se non sai fare cose grandi puoi farne di piccole, ma in maniera grandiosa. Ecco, con questa frase passai il colloquio per il mio primo lavoro; usatela, porta bene».

Che cosa facevi prima di fare questo lavoro?
Mi divertivo all’università: Bologna era il paradiso dei fuori sede, si faceva la vita più divertente del mondo con 600 mila lire al mese.

Dove andavi a divertirti a Bologna?
Erano gli anni del Matis dove ogni martedì mezza Italia partiva per esserci, erano gli anni del Kinki proprio sotto le due torri, gli anni in cui il mojito costava 1500 Lire. Erano gli anni dove rimorchiavi passeggiando in Via Zamboni, gli anni dei centri sociali più divertenti d’Italia. Bologna ahimè è molto cambiata, ma confido in una rinascita politica e sociale.

Dopo Bologna sei arrivato a Milano, che locali frequentavi?
E cosa vuoi frequentare di altro a Milano quando hai il Plastic, uno dei club più divertenti al mondo? Lo battono solo posti come il The Box di Londra e New York, dove però ci vogliono 3mila euro di tavolo per divertirti davvero. Il Plastic è una casa: si balla, si beve, soprattutto ci si vuole bene.

Dove abiti a Milano?
Vivo da tanti anni vicino la stazione Centrale, una zona che amo; davanti casa ho ancora le prostitute cinquantenni, che sono meglio di una società di vigilanza e ci sono più kebab che appartamenti. Non sono mai stato in Egitto o Marocco, ma so che un po’ mi sentirei in via Settala.

Quali sono la tua zona e il tuo posto preferito a Milano?
La zona è quella in cui vivo, il mio luogo preferito è il parco Indro Montanelli, per i milanesi Parco Palestro e in particolare l’area aperta riservata ai cani: ci conosciamo tutti, ma solo con i nomi dei nostri animali.

Dov’è il tuo un ufficio?
In via Settala, angolo viale Tunisia, che è un po’ la Madison Avenue di Milano. Sembra l’ufficio di un commercialista e in effetti mi piace che in mezzo a tanta creatività ci sia un po’ di sano pragmatismo.

Invece per svagarti e bere dove vai? Qual è il tuo cocktail bar preferito? E il tuo drink?
Per bere bene bisogna avere il bartender giusto di fronte a te. Dell’arredamento, della musica, del servizio me ne frego, per me è importante chi sta dietro il bancone. In fondo il bartender è come un analista: deve farti parlare e poi capire come curarti. Per me i migliori sono Filippo da Carlo e Camilla, Alessandro del Sushi B e Fabio del Blanco. Ultimamente vado anche al nuovissimo bar del Mandarin Oriental, in via Montenapoleone, che secondo me oggi è il bar più bello di Milano. Il mio drink è uno e uno solo: gin tonic, una religione.

E invece quali sono il tuo ristorante e il tuo piatto preferiti?
Il Carpaccio di via Settala: è sempre pieno o di turisti o di clienti che ci vanno da 30 anni. Questi ultimi hanno i loro riti: stesso tavolo, stesso vino e la signora Gabriella in cucina è insuperabile. Giorgio, il proprietario, ha saputo creare un ambiente unico. Ah, mai chiedere il menù perché Gino, colonna del locale, sa consigliare al meglio.

Ti abbiamo visto spesso organizzare eventi alla Sala Venezia insieme con la famiglia Di Furia; come vi siete conosciuti?
Oramai 8 anni fa sono entrato per caso in Sala Venezia e pensavo di essere in un sogno, da cui mi hanno svegliato con una pacca sulla spalla Antonio (il proprietario, ndr), Rita con la sua cucina e la sua bravura, e Marina e Veronica con la loro dolcezza. Sono una seconda famiglia per me e sono felice che pian piano stia crescendo. Mi piaceva vedere gli occhi dei primi ospiti che venivano agli eventi che ho organizzato in Sala Venezia: anche per loro era un sogno.

Fasta alla Balera dell'Ortica con Paolo Dalla Mora, Stefano Seletti, Paride e Carlo Cracco
Fasta di Seletti e Toilet Paper alla Sala Venezia: Paolo Dalla Mora, Stefano Seletti, Paride e Carlo Cracco
 
Ti occupi anche delle feste di «Toilet Paper», il magazine fotografico di Cattelan e Pierpaolo Ferrari. Come vi siete conosciuti con Maurizio e come avete iniziato a lavorare insieme?
Con Maurizio non ho mai lavorato; ci siamo solo divertiti un sacco.

Ti piacciono gli influencer?
Solo se influenzano con stile.

Quando stai a casa invece cosa fai? Cucini? Videogiochi? Se stai su internet quali sono i tuoi siti preferiti?
Quando entro a casa sono molto noioso: amo i libri di storia politica, mi rilasso guardando Bruno Vespa o Floris, non ho mai giocato a un videogame e su internet passo il tempo su Dagospia: mi rilassano le videogallery.

Sei appassionato di musica? Che cosa ti piace?
Noia anche in questo: odio i concerti, mi piacciono la musica classica, l’opera e la mia botta di vita è Franco Battiato.

Dove vai a fare shopping?
Spendo cifre spropositate in abbigliamento, specialità pellicce, ne ho una azzurra di Kenzo e una di Margiela che sembro un peluche. Milano è il luogo perfetto per fare shopping: di sabato mi creo impegni fittizi per non spendere tutto da Antonia all’Excelsior. Molto bello anche il flagship store di MSGM, vera rivelazione della moda.

Paride impellicciato insieme a Vittoria Cabello, filtro vintage
Paride impellicciato insieme con Vittoria Cabello, filtro vintage
 
Quali sono le tue passioni? Collezioni qualcosa? (ci mandi una foto della tua collezione?)
Spero prima o poi mi vediate sciare, vado fiero del mio stile, per il resto pensate di me quello che volete ma colleziono gemelli, ne ho più di 300 compresi una bussula e una roulette funzionanti.

Il tuo film preferito? E il tuo libro?
2046: ogni volta devo darmi due sberle per svegliarmi dalla poesia di Wong War-wai. Solo gli asiatici sanno ancora parlare d’amore: «Nella vita il vero amore si può mancare, se lo si incontra troppo presto o troppo tardi. In un’altra epoca, in un altro luogo, la nostra storia sarebbe stata diversa». Il mio libro preferito è «Il piccolo principe», se tutte le persone lo leggessero e ne cogliessero l’essenza saremmo un mondo migliore.

Del tuo amore incondizionato per il Plastic abbiamo già detto, ti vediamo spesso da quelle parti; qual è invece un locale che non ti piace per niente e perché?
Tornando un attimo al Plastic, più che vedermi là oramai credo di essere diventato un pezzo dell’arredamento anche se nell’ultimo anno sono stato troppo in giro. Quello che non mi piace? A me piacciono tutti i club, anche quelli in cui c’è gente che non c’entra nulla con me. I luoghi che hanno la vocazione di far divertire le persone per loro natura sono bei posti.

Dopo il club: after, casa, baracchino, night…?
Cin cin Bar di corso Buenos Aires, mettono ancora gli ombrellini nei cocktail e ti fanno un tortellino al ragù anche alle 5 del mattino, rigorosamente al microonde.

Il dj milanese che ti piace di più?
Nicola Guiducci farebbe ballare anche mia nonna ed è sofisticato: fa ricerca e se chiudi gli occhi mentre suona finisci in un posto speciale.

Qual è il party più fico cui hai partecipato? E quello che hai organizzato tu?
I party nel sottoscala dei Magazzini Generali che organizzava Marcelo Burlon, succedeva di tutto!
Il party più divertente che ho organizzato è stato con Disaronno e «Toilet Paper» a New York, in un gay leather bar con una terrazza su Manhattan. Avevamo chiesto ai gestori di invitare anche un centinaio di loro abituali clienti e così si è creato un mix insuperabile in cui si vedevano attempati curatori d’arte o giornalisti snob ballare o chiacchierare con amabili clienti con il culo di fuori e la frusta in mano.

Sguardi persi alla festa di Disaronno e «Toilet Paper» a New York
Sguardi persi alla festa di Disaronno e «Toilet Paper» a New York

«Con Maurizio Cattelan non ho mai lavorato; ci siamo solo divertiti un sacco»

Se avessi un budget illimitato che party organizzeresti?
Un mio sogno ricorrente è che organizzo il conclave per l’elezione del Papa. Ecco chiuderei brillantemente una carriera.

Se non ti occupassi di eventi che cosa ti piacerebbe fare nella vita?
Aprirei un negozio per cani, prima o poi lo farò.

C’è una persona di Milano che ammiri più di ogni altra?
Le persone che ammiro di più a Milano sono gli anziani, che vedo andare a ballare in Sala Venezia o alla Balera dell’Ortica; li guardo e penso siano persone che sanno vivere.

Ci descrivi il tuo pubblico?
Ho una mailing list che ritaglio a seconda delle necessità del cliente. Sono più di 6000 persone e le conosco personalmente, so cosa fanno, per me sono importanti e per questo non uso mai la mia mailing per eventi che non organizzo a 360 gradi. Non voglio abbiano sorprese. Non faccio nomi perché davvero me ne vengono in mente tanti, mi piace vedere come si comportano agli eventi che organizzo, lo capisco subito se sono stati bene.

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Hai mai visto ai tuoi eventi situazioni promiscue?
Meno di quante avrei voluto.

Ti ci sei mai trovato?
Meno di quante avrei voluto

Ti hanno mai stalkerizzato?
Mah, una volta una persona mi ha fermato e mi ha detto che sapeva tutto di me. Gli ho chiesto qual è la mia canzone preferita e ha risposto Un bacio sulla bocca di Ivano Fossati: avrei dovuto aver paura e invece ci sono andato a letto. Un’altra volta una persona è stata molto insistente dicendo dopo molti rifiuti che ero l’uomo più bello del mondo, evidentemente aveva problemi. Per il resto ricevo ogni tanto e-mail anonime di insulti, ma io rispondo sempre «ti voglio bene anch’io». Se posso servire da sfogo, ben venga.

Qual è la cosa più matta che hai fatto nella tua vita?
A Miami, due anni fa, per fortuna non ci sono testimoni; credo sia perseguibile penalmente e l’FBI è sempre in agguato quindi meglio non la racconti.

Chi è il tuo eroe e perché?
Non credo negli eroi, credo nelle persone speciali che fanno cose speciali. Qualcuno diceva che se non sai fare cose grandi, puoi farne di piccole ma in maniera grandiosa. Ecco, con questa frase passai il colloquio per il mio primo lavoro. Usatela, porta bene.