Dai Franklin Delano pare esserne passata di acqua sotto i ponti. Eppure era solo il 2002 quando Paolo Iocca formò la band insieme a Marcella Riccardi (oggi BeMyDelay) iniziando a calcare con successo la scena indipendente italiana e accogliendo all’interno del gruppo alcuni di quei musicisti che ancora oggi la alimentano: Stefano Pilia, Vittoria Burattini (Massimo Volume), Lucio Sagone (Ronin) e Vittorio Demarin (Father Murphy).
A vederlo oggi guidare una pista da ballo o buttarcisi dentro con energia, non si direbbe che è ancora quel Paolo, originario di Napoli, classe 1970, leader di quella band post-rock che ha segnato il passo. E invece proprio quel Paolo è riuscito a decostruire la propria carriera musicale, approdando nel 2015 – dopo una breve parentesi come Blake/e/e/e (sempre in territori rock) e Boxeur The Coeur (già tutto synth e zero chitarre) – alla musica elettronica di Spire (trad. guglia, pinnacolo – a testimoniare il sempre presente afflato spirituale) con un ep dal titolo Healing Loops. Una trasformazione che ha trovato una ulteriore ragion d’essere nella crew e label cittadina Random Numbers, nata dall’incontro dello stesso Spire con BXP, White Raven (ex Wang Inc.) e Marco Unzip.
In occasione dello showcase dell’8 gennaio al Freakout, “Pabliz” ha ripercorso insieme a noi la sua storia musicale e bolognese.
ZERO – Chi sei, dove vai?
Paolo Iocca – Sono uno abbastanza vecchio da aver vissuto la vita pre-cellulare e pre-computer. Appartengo a una generazione “sperimentale” per definizione, spartiacque. Proprio per questo mi piacerebbe integrare esperienze esclusive, cioè totalmente fisiche e irripetibili, con quelle digitali e binarie e immediatamente condivise di oggi.
Quando sei arrivato a Bologna e perché?
Come molti mi sono iscritto all’Università. Come alcuni tra questi molti, ho deciso di abbandonare gli studi, perché mi avrebbero sviato dalla mia vocazione originaria (nel mio caso fare musica).
Ti manca Napoli?
Il clima, l’aria e la tolleranza delle persone sì. Il rumore, l’inquinamento e lo scarso senso civico per nulla.
Hai seguito tutta la storiaccia della Boiler Room? Che ne pensi?
Fa molto piacere che ci sia una Boiler Room Napoli, ma non sono uno che segue molto questo tipo di cose. Salvo rare eccezioni, non ho mai guardato neanche quelle di Berlino.
A proposito di suoni elettronici, tu sei partito dal post-rock e sei arrivato molti anni dopo a questo nuovo progetto Spire, tutto club-oriented. Ci racconti com’è avvenuta l’evoluzione?
Passata l’ossessione per il folk americano (anche se in salsa post rock), è giunto un forte rigetto e sono passato – se vuoi tornato – ad ascoltare cose diverse. Tra Animal Collective e post punk britannico, il passo verso l’elettronica è stato più breve del previsto.
La città ti ha in qualche modo aiutato a rendere possibile questa trasformazione?
Sì certo, molte delle realtà che esistono nell’ambito mi hanno certamente dato e mi stanno ancora dando la possibilità di fare esperienza e di verificare la mia crescita come producer dal vivo – più raramente come dj, visto che non mi sento ancora pronto per provarci. Parlo del Laboratorio Crash!, dell’associazione Shape, del Locomotiv Club e del TPO ma anche Link Associated e La Malvagio Inc.
E Boxeur The Coeur era solo di passaggio o ritornerà?
Non saprei. Se arriva l’idea, riparte il progetto.
E che ci dici di Random Numbers? Com’è nata l’idea?
Dalla voglia di sentirci indipendenti. Avevamo bisogno di un ambiente dove poter decidere in autonomia se e come far uscire musica nostra e soprattutto, attraverso il confronto e lo scambio di pareri e risorse, di crescere e levigare un nostro stile peculiare – non necessariamente legato alle tendenze attuali. Cosa che, almeno nel mio caso – ma penso di interpretare anche il parere degli altri – sta accadendo.
C’è qualcuno in città, oltre ai tuoi compagni di etichetta, che vorresti entrasse a far parte della crew e che stimi musicalmente?
Un’infinità di persone! Mi spiace molto che Bologna resti comunque frammentata nelle esperienze artistiche e culturali. Ci sono varie realtà e moltissimi artisti con i quali vorrei collaborare, sia nell’ambito club che sperimentale. I primissimi che mi vengono in mente (trasversalmente): Stromboli, Presente, Nudge Edit, Mattia Trani, Melampus, OfeliaDorme…ma davvero ce ne sono moltissimi.
Com’è messo, secondo te, il clubbing oggi a Bologna?
Penso che chi è genuinamente interessato alla qualità della musica stia diventando sempre più trasversale, va agli eventi artisticamente rilevanti, club o non club. Per gli altri, il club è essenzialmente intrattenimento a base di cassa dritta, gin tonic e altre sostanze che foraggiano l’egocentrismo di ognuno.
Il party più memorabile in città degli ultimi tempi?
Ce ne sono tanti, piccoli e grandi. Uno che mi viene in mente è WHP al Laboratorio Crash!: con lo spirito giusto è riuscito a fare delle ottime serate.
E cos’è secondo te un party?
Un party per me è lì dove l’individualità può liquefarsi e ognuno può lasciarsi andare e stare bene, senza dover dimostrare niente a nessuno. Dove la musica la si balla ma la si ascolta anche, e ti entusiasma per la sua bellezza.
E il rock lo segui ancora? Tipo cosa?
Mi piacciono le cose più sperimentali. Rifuggo dal concetto di strofa-ritornello e tutto ciò che è retromane o tradizionalista. Mi piace molto la scena psichedelica statunitense (che ne so, Indian Jewelry, Psychic Ills, etc.) ad esempio. Poi ci sono i sempreverdi come i Wire. A Bologna Maple Death Records spacca di brutto.
Che Bologna era quella dei Franklin Delano e che Bologna è questa di Spire?
Non so cosa sia cambiato. Penso a volte che sia il mio punto di vista ad essere cambiato. Non riesco ad essere oggettivo. Certo, dopo Guazzaloca, Cofferati e un commissariamento, direi che forse possiamo dire che siamo usciti da un periodo davvero buio, durato davvero tanto. Non che questo riesca a farmi pensare che Bologna si toglierà la vaga patina di provincialità che continua a tenersi addosso come la copertina di Linus.
Hai uno studio tutto tuo?
Lo sto pian piano costruendo a casa mia, al Pilastro.
Quando sei Paolo Iocca dove te la spassi?
Tendenzialmente non sono uno che se la spassa a caso, le “Paris Dabar” non fanno per me. Le mie uscite sono mirate soprattutto su eventi che penso interessanti. Ultimamente sono stato spesso all’Atelier Sì, grazie agli eventi promossi da Habitat e Ombre Lunghe.
Oltre alla musica, che altri interessi hai? E dove ti piace andare?
Al momento la musica assorbe tutte le mie energie. Però mi piace fare trekking. Il Corno Alle Scale è una mia metà abituale, per esempio.
Ci racconti una delle tue ultime tracce?
Sta per uscire un remix. Dell’originale ho tenuto dei frammenti di voce e una mezza linea di synth che ho processato in maniera abbastanza pesante. Bassline vagamente acid fatta col mio Moog e atmosfere leggermente deep house. 113BPM, quindi tendenzialmente polleggiata. Non vedo l’ora che venga pubblicata.
Salutaci con un brano.
RROSE – Levitate (da For Aquantice EP)
Di questa traccia mi ha colpito il gioco di dissonanze dei synth che mi ricorda quando stai accordando una chitarra.
https://www.youtube.com/watch?v=lMXBnGSxNVk