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Simone Ciaruffoli

Volevo fare un cavolo di burger, il più semplice possibile, il più buono possibile, il più velocemente possibile e il più economico possibile.

Scritto da Martina Di Iorio il 30 agosto 2017
Aggiornato il 12 marzo 2018

Data di nascita

10 settembre 1970 (54 anni)

Luogo di nascita

Fano

Luogo di residenza

Milano

Attività

Imprenditore

Burgez è un fast food di qualità che nasce dall’idea di Simone Ciaruffoli dopo un viaggio a New York che gli cambia la vita. L’obiettivo è quello di vendere un burger buono, semplice – evitando voli pindarici gourmet – e a poco prezzo. Complice una comunicazione social irriverente e ironica, il messaggio è passato forte e chiaro e nel giro di un anno e mezzo si raggiunge il triplete con l’apertura di due nuovi locali in via Eustachi (sabato 2 settembre) e in via Marghera (lunedì 4 settembre). Abbiamo fatto due chiacchiere con Simone che ci ha spiegato come è partito questo progetto e cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro.

Chi c’è dietro Burgez? Puoi presentarti?
Ciao sono Simone. Può bastare? Scherzo. Sono un quarantenne abbondante che ha voglia di fare impresa. Ma non dobbiamo dimenticare la mia socia Martina Valentini, con me sin dall’inizio dell’avventura e pilastro inamovibile dell’azienda.

Cosa facevi prima di buttarti in questo progetto?
Non so da dove partire perché ho cambiato pelle diverse volte. A vent’anni ero un nazionale di atletica leggera, poi mi sono dato al cinema facendo il malaugurato mestiere del criticone, ho scritto libri (quello su Eyes Wide Shut lo studiano i ragazzi nelle Università), ho fatto lo sceneggiatore della sit-com “Camera Café”, ho insegnato, sono stato direttore creativo per otto anni di OVO, una divisione di Gagoo Group, la holding di Andrea Pezzi, ora mi occupo di comunicazione e ovviamente di Burgez.

Come è nato Burgez? Da cosa hai avuto l’ispirazione?
E’ partito tutto da un incontro fortuito che ho avuto a New York (nel sito di Burgez si può leggere l’intera storia), poi tornato in Italia mi sono messo a studiare un po’ di case history di grandi aziende quando mi sono soffermato per lungo tempo su quella di McDonald’s. Mi interessava capire perché piacesse a tutti nonostante tutti ne parlassero male. Ho pensato poi di buttarmi a capofitto nell’hamburger senza volerlo italianizzare o “gourmettizzare” come si fa spesso anche a Milano, ma semplicemente fare un cavolo di burger, il più semplice possibile, il più buono possibile, il più velocemente possibile e il più economico possibile.

Il punto vendita in Via Savona
Il punto vendita in Via Savona
Spiegaci cos’è Burgez.
Per essere brevi, è un fast food di qualità. Può sembrare un ossimoro ma in realtà non è così, è davvero un hamburger realizzato al momento e con materie fresche e di qualità.

Dopo il primo punto vendita in via Savona ora aprite altri due negozi. Puoi spiegarci che tipo di locali sono? E le novità?
Sì siamo aperti da poco più di un anno e mezzo ma fortunatamente le cose vanno bene e prendiamo la palla al balzo per espanderci. Quello in via Eustachi 8 è un classico Burgez, come quello in via Savona 15, quello in via Marghera 18 invece è un Burgez Go, un esperimento diciamo, una cucina su strada (all’incrocio tra Marghera e Ravizza) senza sala ma che produce solo per take away e delivery.

Chi sono i vostri fornitori?
Sono statunitensi per il bun e italiani per la carne. Le salse sono una nostra invenzione.

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Il futuro di Burgez?
Intanto se tutto va bene 3 nuove aperture per il 2018, poi scusami ma siamo ambiziosi, quindi vorremmo espanderci in Italia e poi all’estero, ma parallelamente rendere l’azienda sempre più “liquida”, con questo intendo dire che vogliamo mettere in piedi un ramo di azienda che produca, distribuisca e venda ciò di cui Burgez è fatto, dunque le sue salse, il suo pane, ma anche i burger stessi già confezionati ed infine il suo merchandising. Amiamo il fatto che chi ama Burgez possa entrarne in possesso e addirittura farselo da solo.

Qual è l’identità di Burgez? Perché è diverso da gli altri fast food?
Perché non si comporta da azienda. Siamo in anni in cui si ascolta musica e si vedono film gratuitamente, i vip si fanno i selfie copiando i loro fan e non viceversa, i simboli si sono parcellizzati in mille significati, gif e memi producono una satira più veloce, pregnante e migliore di Elio e le Storie Tese, Guzzanti e Charlie Hebdo messi insieme, e dunque Burgez voleva entrarci con tutte le scarpe dentro questo calderone, e forse non potendo farne a meno in quanto azienda nata in questo periodo. Burgez quindi copia, usa simboli altrui, comunica in maniera comparativa tirando in mezzo altri brand e si comporta appunto non come un’azienda ma come un ragazzino creativo e dispettoso dietro al suo computer.
Pensate che il 70% di chi vorrebbe investire su Burgez non è mai nemmeno entrato una volta da Burgez. Quindi forse questa differenza di cui parli può essere rintracciata appunto nel forte impegno riversato nella costruzione di un brand al di là del prodotto.

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Molto particolare la vostra comunicazione social. Ci puoi spiegare di più? A chi vi affidate?
Come ti dicevo per noi la costruzione di un brand, ma lasciatemi dire lovemark, non è consequenziale al prodotto ma vanno di pari passo, vista anche la mia formazione inerente alla creatività. Il prodotto ci serve per veicolare un’immagine, non il contrario, anche se può sembrare strano. Per questo motivo ci affidiamo agli Upper Beast Side (upperbeastside.com), uno studio sconosciuto di due ragazzi giovanissimi, uno di Milano e uno di New York, pazzi come pochi ne ho visti in vita mia. Non si mostrano, io non so bene chi siano, ma hanno abbracciato il nostro progetto in toto.

Che altri bar e ristoranti frequenti a Milano, a parte i vostri?
Non sono super mondano, però sono una buona forchetta e un buon bicchiere. Oltre a frequentare McDonald’s, mi piace bere i cocktail fantastici del Fluffer, un piccolo locale ancora poco conosciuto, ma si farà, e quelli di Ugo. Per quanto riguarda i ristoranti invece, vado in quelli in cui trovo la cosa che mi piace, cioè non sono attirato dal nome del ristorante, ma dal piatto che un determinato ristorante realizza, per esempio il gambero rosso di Mazara della Langosteria è da pace dei sensi, ma anche la pizza acciughe e capperi del forno elettrico di Meucci, oppure il bison steak del Padellone.

Dove vai a divertirti quando non sei a lavoro?
Anni fa volevo fare parte della Milano bene, però non mi hanno accettato perché sono di umile estrazione, dunque non potendo andare ai DJ set dei Rollover sono costretto ad andare al cinema con gli amici o a mangiare una pizza, per giunta cotta al forno elettrico.