Da Ginevra a Torino: un percorso che non ha nulla a che vedere con le automobili, ma che ha compiuto per la prima volta nella sua esistenza la Biennale de l’Image en Mouvement per approdare alle OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino, co-produttori dell’iniziativa. La Biennale dell’Immagine in Movimento lascia così temporaneamente il Centre d’Art Contemporain della città svizzera, mantiene il titolo The Sound of Screens Imploding, e con la curatela di Andrea Lissoni – Senior Curator della Tate Modern di Londra – e Andrea Bellini – direttore del centro ginevrino – si ripropone in una nuova veste con il supporto di Andreas Angelidakis, già architetto della Biennale di Berlino 2014 e di Documenta 2017. In mostra il lavoro di otto artisti internazionali e giovanissimi, della generazione dei “nati degli anni Ottanta”, gli stessi anni in cui viene fondato questa manifestazione storicamente dedicata a videoarte, cinema, cortometraggi, digital art, new media e live media, palcoscenico nella sua storia per artisti quali Bill Viola, Gary Hill, Chris Marker, Laurie Anderson, Harun Farocki, Pierre Huyghe e ZAPRUDER filmmakersgroup.
Con The Sound of Screens Imploding a partire dal 2018 la ricerca si è incentrata sul lavoro di otto artisti raccolti attorno all’idea della fine dell’era della proiezione su schermo, di un’immagine in movimento che trova una nuova natura attraverso molteplici realtà. Il progetto curatoriale indaga quindi lo stato odierno di queste forme espressive riflettendo sul display espositivo, attraverso il lavoro di artisti differenti per poetica e provenienza geografica, Lawrence Abu Hamdan, Korakrit Arunanondchai & Alex Gvojic, Meriem Bennani, Ian Cheng, Elysa Crampton, Tamara Henderson e Kahlil Joseph, accomunati da ricerche e da una particolare attenzione alle realtà politiche e sociali contemporanee. Due anni, due sedi, una preziosa collaborazione e finalmente un esito espositivo sul territorio nazionale per l’unica Biennale al mondo che presenta solo ed esclusivamente opere inedite.
Geschrieben von Valentina Rossi e Marco Scotti