C’è una linea di demarcazione che traccia due epoche musicali: prima e dopo gli Sleep. Volume One usciva nel 1991 e da allora niente è stato più lo stesso. Nuovi spiragli infernali nascevano in quella che fastidiosamente chiameremo, per comodità, la „scena metal“. La chitarra di Matt Pike, accompagnata dai giri ossessivi di basso di Al Cisneros, creavano la perfetta congiunzione tra stoner e doom. Gli Sleep incarnarono per tutti il tentativo di rappresentare una musica densa di fascinazioni ascetiche, onirica e ipnotica, dando vita a un devastante muro di suono che poneva lo spettatore/ascoltatore a metà tra sogno e realtà, terra e spazio. Il trio americano stava segnando nuovi sentieri all’interno della parte più buia dell’animo umano, senza tralasciare mai la sublimazione della potenza del suono. Il trio di San Jose, California, scolpiva nella pietra un futuro stile di musica e alcune delle caratteristiche fondamentali del doom. Cambia lo scenario: siamo ad Oakland, 1999, passano pochi mesi da quando gli Sleep decidono di sciogliersi e Matt Pike forma la sua nuova “bestia“: gli High On Fire. The Art Of Self Defense è il primo album del power trio: un’ammasso grezzo di musica alienante e aggressiva che trascina il chitarrista degli Sleep al ritorno della ferocia primitiva. La sessione ritmica, lugubre e marmorea, era formata da George Rice (basso) e Den Kensel (batteria). Prendete l’aggressività primigenia dei Venom, il rock’n’roll lanciato a velocità supersonica dei Motörhead, i suoni crudi degli Slayer e le ossessioni sabbathiane ed ecco che avrete il sound degli High On Fire. Riassumendo, per quanto sia possibile, il power trio incastra l’heavy ed il doom in un suono che diventa un unicum. Matt Pike, con la voce grottesca e sguaiata, la schiena tatuata, i capelli perennemente intrisi di sudore, i pantaloni stretti da una cinta pronta a sorreggere la pancia gonfia di birra, diventa l’icona di una scena musicale che non aveva mai visto prima un personaggio così sudicio e geniale. Negli anni, così come accadde per gli Sleep, anche gli High On Fire diventano un gruppo seminale, marchiati a fuoco da un sound inqualificabile e irripetibile. Band come Mastodon, Red Fang, Truckfighters (e la lista continuerebbe ma sarebbe troppo lunga), non sarebbero quello che sono senza la formazione capitanata da uno dei più marci e brillanti chitarristi americani esistenti. Sono passati vent’anni anni e gli High On Fire sono ancora qui. I volumi saranno alti e le sorprese tante.
Geschrieben von Valentina Vagnoni