Non per la sua certificata credibilità internazionale. Non per i suoi dischi – l’ultimo si chiama Liquid Portraits – né per il suo lavoro con Sir Paul Simon, che lo ha ingaggiato al telefono – e non era uno scherzo. Non per la Warp Records, che divulga le sue produzioni nel mondo. Nemmeno per quella nostrana mania di esaltare il “made in Italy”. Del partecipare a un live di Clap! Clap!, del suo indelebile approccio musicale, muscolare, restano impresse le calorie bruciate a saltare, spaesato, travolto dalla sua apologia delle basse frequenze. In giro adesso con una vera band, Cristiano Crisci è sempre una meravigliosa variabile impazzita: veloce come Road Runner e insieme esplosivo come il TNT del Coyote. Fuori è ruvido, sfrontato, suda e sorride. Dentro è morbido, perché fatto di quell’amore dei grandi artisti. Ci provano, in tanti, a farlo come lui. Vivisezionano quegli introvabili campioni, catalogano le sue scelte poliritmiche, analizzano col microscopio la sua world music innovativa, claustrofobica e attraente. E poi falliscono, sistematicamente.
Geschrieben von Mateo M Estrada