Più di 15 anni fa il nome di Nathan Fake compariva sull’onda della spirale melodica infinita di The Sky Was Pink: nella sua versione “da cameretta”, una svisata continua di synth-casio-spaziale che ha reso Fake l’esponente più visionario della nascente Border Community di James Holden. Contemporaneamente, il meraviglioso remix di questo brano realizzato dello stesso Holden – un astratto, etereo, ma trainante, treno da dancefloor – conquistava in poco tempo i club di tutta Europa. Ecco, più che il delizioso trip shoegaze/IDM del seguente album di esordio, è stata propria questa doppia natura di un’elettronica d’ascolto sognante e una techno più fisica, che ha caratterizzato negli anni seguenti la carriera di Nathan Fake. Pochissimi come lui riescono a inacidire e saturare una melodia celestiale o a far spiccare il volo a beat pulsanti e umorali.
Geschrieben von Marco Caizzi