Autoritratto è l’ultimo lavoro di Davide Enia, scrittore, drammaturgo, interprete e regista palermitano. Lo spettacolo accolto con standing ovation a ogni replica al Festival dei Due Mondi di Spoleto è partito per una lunga tournée nei maggiori teatri italiani e arriva al Teatro Laura Betti di Casalecchio mercoledì 11 dicembre, nell’ambito della stagione multidisciplinare curata da ATER Fondazione.
A 32 anni dalle stragi mafiose, Davide Enia racconta l’impatto di Cosa Nostra sulla nostra vita di persone, cittadine e cittadini e traccia «un Autoritratto intimo e collettivo» di una comunità costretta a convivere con la continua epifania del male. Intrecciando cunto e parole, corpo e dialetto, usando gli strumenti che il vocabolario teatrale ha costruito nella sua Palermo, lo spettacolo esplora il rapporto nevrotico con Cosa Nostra e il suo devastante impatto emotivo nella vita di ognuno. Sullo sfondo, Palermo, la cronaca degli anni ’90 e, primo fra tutti, un evento drammatico che scosse le coscienze di tutta Italia: il rapimento, la prigionia e l’uccisione di un bambino, Giuseppe di Matteo.
Autoritratto “è una tragedia, una orazione civile, un processo di autoanalisi personale e condiviso, un confronto con lo Stato, una serie di domande a Dio in persona. Per questo, questo lavoro è un autoritratto al contempo intimo e collettivo” – afferma Davide Enia nelle note di regia, e aggiunge: “Tutti possediamo una costellazione del lutto in cui le stelle sono persone ammazzate da Cosa Nostra. Ecco una costante dei palermitani: sentirsi ovunque costantemente in pericolo. La nevrosi è inscritta nel nostro orizzonte degli eventi. Lo spettacolo poi prenderà in esame un caso particolare, un vero e proprio spartiacque nella coscienza collettiva: il rapimento e l’omicidio di Giuseppe di Matteo, il bambino figlio di un collaboratore di giustizia, rapito, tenuto per 778 giorni in prigionia in condizioni spaventose e infine ucciso per strangolamento per poi venire sciolto nell’acido. Una storia disumana che si configura come l’apparizione del male, il sacro nella sua declinazione di tenebra. Siamo in presenza dell’orrore, di una ferocia smisurata, di una linea di azioni così abiette da essere impossibile ogni aggettivazione. E su tutto vibra il sacrificio di una vittima innocente. La verticalità della vicenda ha in sé tutti i requisiti della tragedia, soprattutto nella formulazione di domande che non possono avere risposte. Gli strumenti linguistici a disposizione per affrontare questo lavoro sono quelli che il vocabolario teatrale ha costruito nella mia Palermo: il corpo, il canto, il dialetto, il pupo, la recitazione, il cunto. È dentro questo linguaggio circoscritto che questo problema linguistico va affrontato, sviscerato, interrogato, risolto.”.
Geschrieben von LR