Un delitto brutale, inspiegabile. Un fatto realmente accaduto. Il romanzo di Nicola Lagioia si trasforma in scena in metafora che interroga le nostre coscienze sul confine tra mostruosità e quotidiano.
Nel cuore della notte, Roma viene scossa da un brutale avvenimento: due giovani torturano un coetaneo, Luca Varani, fino a ucciderlo. Il fatto di cronaca è raccontato da Nicola Lagioia ne La città dei vivi, un’inchiesta narrativa che nella visione della regista e digital artist Ivonne Capece si trasforma in un’indagine teatrale sui lati oscuri e indicibili dell’umano. «La città dei vivi – scrive Capece – non turba perché descrive persone troppo lontane da noi, ma perché rischia di farci sentire troppo simili agli assassini». Linguaggi digitali, performance dal vivo e attori virtuali compongono un’architettura scenica simbolica: il corpo di Luca Varani diventa emblema di Roma, città viva, tentacolare e ambigua, che «sprofonda dentro altre città più antiche, grandiose o oscure» divenendo, a sua volta, metafora del mondo. Il piumone arancione, uno degli strumenti del delitto, si trasforma in sudario collettivo, per una discesa dantesca negli inferi della moralità, nell’invito a interrogarsi su quale sia davvero la nostra distanza dai carnefici.
Geschrieben von LR