Ogni volta che si entra o si ritorna a Palazzo Grassi si prende consapevolezza del perchè sia (ed è sempre stato) uno dei cuori pulsanti dell’isola, un grande scrigno nello scrigno attraversato da capolavori di ogni secolo che lo hanno popolato risplendendo tra antichi sfarzi di stucchi e marmi, ora stemperati in una linearità incantata ed essenziale. Si prova ad immaginare quante vite abbia avuto questo luogo, da sempre uno dei più importanti edifici lagunari, e quante vite lo abbiano attraversato…ma sopravviene una vertigine. Anche solo negli ultimi 100 anni, sono tantissime. Prima che nel 2005 le sorti del palazzo passassero nelle mani del celebre imprenditore francese François Pinault, attuale proprietario la cui collezione d’arte contemporanea è tra le 5 più grandi al mondo, Palazzo Grassi aveva già accolto una lunga tradizione di mecenatismo culturale operata dai suoi diversi proprietari: dall’imprenditore Vittorio Cini – oggi noto in città per la sua collezione d’arte a San Vio e la fondazione nell’isola di San Giorgio – a Franco Marinotti, che vi gestì, tra gli anni Cinquanta e i Settanta il Centro Internazionale dell’Arte e del Costume. In moltissimi ricorderanno poi le mastodontiche esposizioni monografiche – dai Fenici agli Etruschi, dal Futurismo ad Andy Warhol – organizzate a Palazzo tra 1983 e 2005 con il sostegno della Fiat, ultima proprietà italiana. È proprio con la gestione Agnelli che l’edificio inizia ad acquisire la sua attuale iconicità, cambiando marcatamente le sue vesti, svecchiandosi grazie ai lavori di ristrutturazione affidati a Gae Aulenti. Tuttavia l’estetica attuale dello spazio è conferita dagli interventi di rinnovo e di rimodernizzazione avvenuti dopo l’acquisizione di Pinaut, affidata al „solito“ Tadao Ando, che ha interpretato anche Punta della Dogana ed il Teatrino attiguo secondo il suo ineccepebile segno fatto di rarefazioni e monumentalità. Ecco quindi che la visita a Palazzo Grassi non è solo il momento in cui riunirsi intorno ai capolavori che spaziano dall’Arte Povera alla Pop Art, o l’occasione per una inaugurazione con il gotha dell’arte contemporanea, ma è anche una potente boccata d’aria fresca per gli amanti dell’architettura contemporanea in grado di leggere tutte le rispettose e sapienti stratificazioni di stile. Anche solo camminare al suo interno o affacciarsi sulla corte è una esperienza onirica e unica al mondo, figurarsi quando alle esposizioni temporanee si alternano al suo interno incredibili set musicali e audio/video, come il recente lavoro site-specific di Robert Henke, la performance di Christian Marclay, gli innumerevoli concerti fino a risalire all’indimenticabile Ryoji Ikeda del 2011. Non si va più in alto di così.
Palazzo Grassi
ZERO hier: Si stropiccia gli occhi con incredulità
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