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Come stanno le librerie indipendenti? | BAAK – Book Adventure and Kitchen

Geschrieben von Greta Biondi il 23 Januar 2025

Bologna ha un po‘ di febbre, ma come se la passano le sue librerie indipendenti? Ecco la nostra nuova rubrica a cura di Greta Biondi. La prima puntata era dedicata alla Confraternita dell’Uva, oggi siamo da BAAK.


La storia alla Breaking Bad dei libri che c’è dietro a BAAK l’abbiamo già raccontata qui. Ora siamo tornati a prendere un caffè e a chiedere un bilancio di questo primo anno; a domandare com’è andata e come sta andando, a cosa stanno pensando, cosa bolle in pentola – in breve: come se la passano. Ne abbiamo parlato con Monica, che da subito si presenta così: «Eccoci qua, noi siamo i nuovi. Non credo che ci siano librerie (indipendenti e non) aperte da meno tempo di noi a Bologna. E va benissimo così: è bello sentirci ancora quei ragazzi che hanno trovato un bando, lo hanno vinto, e nel giro di qualche mese hanno cambiato vita. Se c’è una cosa che mi piace fare più di tutte è credere nelle smisurate potenzialità del cambiamento e dell’avventura».

„Avventura consapevole“, la chiamano, e l’hanno scritto anche scritto sul muro dietro il bancone del bar. Monica mi fa sedere al lungo tavole di legno al centro del locale e iniziamo a parlare di qualcosa che sta molto vicino al cuore di entrambe: l’esperienza di lettura e quella della libreria.

La particolarità di BAAK è la suddivisione dei libri, catalogati in quattro uniche categorie che corrispondono a quattro colori e quattro forme, che insieme danno un’indicazione di quale potrebbe essere il testo giusto da prendere. 

«Volevo un posto – spiega Monica – dove l’ansia da prestazione fosse ai minimi storici possibili, in cui non si avesse nemmeno un po’ di senso di inadeguatezza da ‘non so mai cosa leggere ed è colpa mia’. Volevo che chiunque entrasse qui non si sentisse in difetto, ma sapesse dove guardare, da dove iniziare. Devo dire che il gioco all’ingresso basato sulle forme e sui colori ha riscosso il successo che speravamo. Le persone si sono affidate a una sorta di guida terapeutico-spirituale e, a partire da questo appiglio, sono riuscite a muoversi da sole tra gli scaffali. L’ho visto succedere proprio sotto i miei occhi, incredibile ma vero. Mi piace pensare che abbiamo abbattuto l’effetto supermercato, sostituendolo con quello di scoperta semi-guidata. Non vuol dire che non ci chiedano comunque un consiglio: quello c’è lo stesso, però c’è meno senso di spaesamento. Insomma, la formula funziona. E allora la prima domanda me la faccio da sola, perché me la fanno tutti: ‘Sono ancora contenta e sicura di questa scelta pazza?’. Sì, direi proprio di sì.»

Evviva! E si vede. Questo fa di te una stacanovista che sta sempre qua dentro oppure riesci anche ad avere una vita al di fuori di BAAK? Chiedo a bruciapelo, forse per la mia radicatissima falsa credenza che per far funzionare qualcosa ci si debba buttare tutto il sangue e il sudore che si possiede.

L’esatto opposto. Non fraintendermi: quando siamo qui dentro lavoriamo tutti sodo, però crediamo anche molto nel sano riposo e ti assicuro che per noi è un’ottima ricetta. ‘Più stai aperto più guadagni’ secondo me è un falso mito generazionale, un paradigma che non è più sostenibile. Se il lavoro ti ingloba totalmente non vai da nessuna parte. Noi non abbiamo un secondo lavoro, ma stiamo comunque chiusi due giorni a settimana e abbassiamo le serrande anche dalle 15 alle 17 quando siamo aperti, banalmente per mangiare, riorganizzare i pensieri, parlare tra noi, capire cosa funziona e cosa no, rimodularci.

E che cosa avete capito? Cosa funziona e cosa no nella vostra realtà a distanza di un anno?

Ci siamo accorti, piano piano, che il coworking non ha funzionato proprio come speravamo, soprattutto perché in certi momenti la stanza si faceva affollata e rumorosa, e alla fine abbiamo capito in corso d’opera di non voler l’effetto biblioteca cluniacense. Abbiamo deciso di renderci semplicemente uno di quei posti lavoro/studio friendly, in cui ti puoi sedere liberamente con il computer, berti qualcosa e goderti un ambiente non ostile in cui nessuno ti guardi male mentre sei concentrata sullo schermo. Anche il bistrò, che paradossalmente pensavamo andasse meglio dei libri, invece ha fatto un po’ più fatica ad inserirsi nella gigantesca scelta che c’è in centro a Bologna, soprattutto in questa zona. Quello che sta funzionando, invece, è sicuramente la struttura degli scaffali e del tavolone: le persone che guardano i libri ruotano praticamente intorno al tavolo, senza creare ingorghi. Nessuno dà fastidio a nessuno, e questa sembra a tutti una bella conquista. Non era scontato, in realtà: l’avevamo pensato solo in teoria, però poi vederlo funzionare nei fatti è stata una delle soddisfazioni più grandi. Con buona pace anche del falegname che ha realizzato tutti i nostri mobili. La circolarità, insomma, tendenzialmente non crea ostacoli, ricordiamocelo più spesso.

«Sarebbe servito avere un manuale d’istruzioni, un vademecum per giovani chimiche che diventano libraie under30»

Quindi mi sembra di capire, tutto gran bene. Hai in mente di applicare ad altri bandi-cambia-vita?

Direi proprio di no. Questo ci tengo a precisarlo per non far sembrare tutto un gioco da ragazzi: applicare a questo famoso bando è stata un’epopea non da poco, così come trovare uno spazio, ristrutturarlo, gestire tutta la burocrazia estenuante che ci sta dietro. Per fortuna sono stata aiutata da persone competenti, e mi sono messa comunque a studiare business-planning. Penso proprio di voler far passare qualche tempo prima di rimisurarmi con progetti di questo tipo. Al momento poi mi sto scontrando con uno dei tanti risvolti nonsense della burocrazia: non ci hanno concesso l’opportunità di poter usufruire del bonus per i docenti, che, anche se non si sa quanto durerà ancora con questo governo, per noi come per tante librerie indipendenti, sarebbe stata una bella boccata d’aria fresca. E sai perché? Perché su carta figuriamo come attività ibrida libreria-bistrò, e quindi sia mai che un insegnante si paghi un caffè con quei soldi. Che poi, voglio dire, basta guardarsi intorno per capire che siamo una libreria a tutti gli effetti. Ma sto già mandando PEC al riguardo, per riuscire a risolvere questa situazione assurda. In generale, avrei davvero voluto qualcuno che a un certo punto mi avesse chiesto: ‘ma tu sai come gestire tutto questo?’. Perché sarebbe servito, non sai quanto, avere un manuale d’istruzioni, un vademecum per giovani chimiche che diventano libraie under30. E invece non c’è. Quasi quasi appena ho un po’ di tempo lo scrivo io, o magari faccio un podcast – che ho già una mezza idea.

E quali altre mezze idee hai? Ché qui mi sembra tutto in fermento…

Per ora, il prossimo sogno possibile è quello di sistemare la saletta che abbiamo di sotto per la cosa più simile a un rave che ci è venuta in mente: i reading party. Tante persone sedute in silenzio ognuna a leggere il proprio libro per un’oretta e mezzo circa, e poi aperitivo. Che già succede, comunque, però vorrei farlo più in grande mantenendo comunque uno spazio intimo.

Oltre al fatto che a me sembra la cosa più vicina alla beatitudine che ci sia, insieme al gelato, chi è il pubblico di questo tuo sogno?

Il nostro pubblico ad oggi, dopo un’iniziale fase esplorativa, direi che è virato attestandosi verso la fascia d’età 20-35, che poi è la nostra. Direi che abbiamo un pubblico piuttosto affezionato, dato che siamo anche un bistrò prevalentemente vegano in centro nella carnivorissima Bologna. Ad esempio, la LAV, Lega Anti Vivisezione, viene spesso a mangiare qui. Ma siamo da qualche tempo presenti sulle guide, quindi si vedono anche turisti. Comunque ci sono dei pomeriggi in cui vedi un po’ tutte le età. 

E, infatti, mentre parliamo, entrano due amiche sulla sessantina che inizialmente volevano prendere il tè delle cinque, ma che poi optano per un gin fizz (!), un club di mamme con i pupi nelle carrozzine che ordinano kombutcha e una signora incredibile che domanda a tutte perché se il brownie è praticamente uguale alla tenerina non si chiami così, ché la cosa la confonde.

Bene, siamo quasi alla fine. E quindi, per la nostra rubrica: come ve la passate?

Sincerissima: pensavo molto peggio. Invece va bene. Sicuramente meglio del previsto, ma mi sbilancerei nel dire bene. Vendere i libri non è facile, perché sono oggetti di consumo complessi con un margine di guadagno ridotto; però vuoi un po’ il format quasi da book therapy (anche se la conosco ancora poco e non so se il nostro gioco all’ingresso faccia esattamente questo), vuoi un po’ la simbiosi felice con il bistrò e la caffetteria, che permette di passare qui un po’ a ogni ora del giorno…In sintesi: tutto ok, e speriamo di passarcela sempre meglio. Perché facciamo davvero del nostro meglio per offrire una selezione di titoli e di piatti pensati e scelti con tantissimo amore per il nostro lavoro.