Era il 13 giugno 2022 quando D(i)ritti alla città, una rete di persone, attiviste e attivisti che da tempo si occupano del tema degli spazi pubblici, presentò al Comune di Bologna una delibera di iniziativa popolare con alcune proposte sull’utilizzo degli spazi pubblici a Bologna riassunte dallo slogan „I beni pubblici rimangano pubblici“. Secondo lo Statuto comunale, la delibera avrebbe dovuto essere discussa pubblicamente dal Consiglio comunale e sottoposta al voto, ma – denunciano i firmatari – da quel momento tutto tace.
Facciamo un passo indietro per spiegare meglio.
Nello statuto del Comune di Bologna esiste uno strumento che consente alle cittadine e ai cittadini di proporre una delibera al Consiglio Comunale: la delibera di iniziativa popolare. Nella pratica raccogliendo 2000 firme è possibile obbligare il Consiglio a decidere in merito a una proposta „dal basso“.
La proposta di D(i)ritti alla città (che si può leggere qui) sostiene che le aree, gli edifici pubblici e il verde pubblico dovrebbero rimanere integralmente di proprietà pubblica e messi a disposizione della collettività, valorizzati fuori dalle logiche del mercato immobiliare e gestiti talvolta in maniera autonoma dai cittadini (riconoscendo quindi il valore dell’auto-organizzazione e autogestione).
Ovviamente poi la maggioranza ha il potere di rigettarla, ma la delibera rappresenta comunque, nelle volontà dei promotori, „un modo mettere in discussione il modello con cui attualmente centinaia di edifici e spazi pubblici rimangono chiusi o vengono ceduti a enti privati“.
La proposta di Delibera è stata, quindi, presentata il 13 giugno 2022, ma dopo alcune vicissitudini, è rimasta bloccata e nulla più si è saputo.
Per denunciare la situazione, D(i)ritti alla città ha realizzato una pubblicazione in versione digitale – inviata anche a sindaco, assessori e consiglieri comunali – che ricostruisce la vicenda e ricompone le ragioni dell’iniziativa.
„Il silenzio – scrivono – è lo strumento che il Comune di Bologna adotta abitualmente quando i suoi strumenti decisionali e i suoi modelli partecipativi vengono messi in discussione. Non sa, letteralmente, cosa dire. Dal giugno 2022 il Comune più progressista d’Italia, culla della partecipazione, ha chiuso nel cassetto una proposta di iniziativa popolare senza alcuna motivazione, senza avere ascoltato i promotori, senza alcuna decisione finale adeguatamente motivata. Il Comune è talmente orientato verso la partecipazione che arriva al punto di violare il proprio Statuto per impedirla„.