Alleanze multispecie, esperienze ecosomatiche, forme emergenti di intelligenza vegetale: sono alcune delle traiettorie che attraversano la prima edizione del Festival of Ecological Imagination, nato dall’esperienza di sette anni di Resilienze Festival e dal lavoro di serra madre, il nuovo centro di produzione culturale di Kilowatt all’interno dei Giardini Margherita. Dal 1 al 6 ottobre Bologna diventa, quindi, laboratorio di pratiche artistiche, filosofiche e scientifiche per immaginare nuovi modi di abitare il presente climatico.
Il titolo scelto, Sensing the Climate, indica un percorso che va oltre la crisi ecologica come questione ambientale, per leggerla come sintomo di una disconnessione più profonda – percettiva, affettiva, culturale. Un invito a ripensare le dicotomie radicate (umano/non umano, mente/corpo, natura/cultura) e a sperimentare un cambio di paradigma, dove conoscere significa entrare in relazione e curare diventa atto politico.
Come spiega Nicoletta Tranquillo, direttrice di serra madre: «Il nuovo festival esplora la cura e il suo opposto – l’estrazione e l’accumulazione antropocentrica – come pratiche politiche e radicali. Dove la cura e la percezione sono gli atti di dichiarazione di interdipendenza più trasformativi, ecologici e desiderabili che posso immaginare.»
Il programma, che si svolgerà tra le Serre dei Giardini Margherita, il Cinema Galliera, la Johns Hopkins University SAIS Europe e l‘ Università di Bologna intreccia performance, laboratori, dialoghi, installazioni e listening session.
Si parte mercoledì 1 ottobre, a un anno dall’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna, con un laboratorio collettivo a cura di serra madre e Reimagining Mobilities, un progetto di ricerca che esplora le tensioni e contraddizioni fra politiche, pratiche e narrazioni relative alla giustizia climatica: A un anno dall’alluvione: come (ci) sentiamo (con) l’acqua interroga la nostra capacità di risposta di fronte agli eventi estremi.
Il festival apre, così, spazi d’ascolto che non sono solo acustici, ma corporei. Con le Derive Sonore di Matteo Balasso (sabato 4 e domenica 5 ottobre), il pubblico viene immerso in paesaggi acustici incontaminati, costruiti a partire da registrazioni ambientali e resi iper-realistici dall’impianto immersivo 3D unico di serra madre. Hydrocene. Fathoming the Void di Sara Francesca Tirelli (1–5 ottobre) invita invece a una caduta libera in un abisso sottomarino: un’esperienza VR sempre accessibile su prenotazione che, sabato 4 ottobre alle 21.00, si trasforma in performance live con voce e installazione video site-specific. Imperdibile poi il doppio live del compositore Anthony Pateras, affiancato da Silvia Tarozzi (violino) e Deborah Walker (violoncello) (giovedì 2 ottobre, ore 21.00), che in I Can Act But I Can’t Lie costruisce paesaggi sonori stratificati tra elettronica live e sintesi Kyma, mentre in Pyrocumulus for string duo & acousmonium trasforma dati atmosferici degli incendi australiani in materia musicale..
Tra i nodi centrali c’è la possibilità di abitare nuove relazioni tra umano e non umano. Nel talk L’intelligenza delle piante: ascoltare il bosco e le sue relazioni nascoste (giovedì 2 ottobre), il ricercatore Alessandro Chiolerio apre una riflessione dedicata alla comunicazione interspecie, alle tecnologie che traducono i segnali delle piante e alle forme emergenti di intelligenza vegetale. Con la piattaforma artistica Mali Weil, nella performance The Mountain of Advanced Dreams (venerdì 3 ottobre, ore 18.00 e 20.00), i sogni diventano strumenti diplomatici e conoscitivi, alleanze immaginate con animali, montagne e presenze invisibili. Nel laboratorio To meet a tree di Daisy Corbin O’Grady (sabato 4 ottobre, ore 16.00), il corpo si fa strumento per entrare in dialogo con gli alberi, intrecciando ascolto, movimento e meditazione.
Il festival non si limita comunque a mostrare, ma invita anche a fare. Soft Creatures (sabato 4 ottobre, ore 14.30), a cura di Francesca Rinaldi con Parsec, propone di modellare creature ibride in argilla ispirate al mostruoso e al metamorfico. Luce Viva (domenica 5 ottobre, ore 15.00–18.00), guidato da Fotosintesi Laboratorio Creativo, utilizza pigmenti vegetali e luce solare per dare forma a immagini effimere con la tecnica dell’antotipia, in una prospettiva ecofemminista. Per chi è più giovane, Halimatu (domenica 5 ottobre, ore 16.30), a cura di Clara Dublanc, è un laboratorio per bambinɜ dai 5 ai 10 anni che intreccia letture animate, gioco e creazione ispirata a storie reali dal Gambia.
Spazio anche a chi difende la terra. Storie di chi difende la terra (sabato 4 ottobre, ore 19.00) è una conversazione con la regista Anna Recalde Miranda sulle pratiche di resistenza ecologica e sulle narrazioni capaci di decostruire le logiche dominanti della crisi ambientale. In Ecologie di confine (domenica 5 ottobre, ore 18.00), collettivi e artisti come Lungomare, Liminal e ZimmerFrei aprono attraverso le loro opere audiovisive una riflessione sul confine come ecologia complessa. Al Cinema Galliera, invece, due film intrecciano scienza, devastazione e attivismo: Il codice del bosco (mercoledì 1 ottobre, ore 21.30), dedicato alla foresta devastata dall’uragano Vaia, e Green is the New Red (lunedì 6 ottobre, ore 21.30), che racconta la repressione contro gli attivisti ambientali in America Latina.
Il festival si chiude con un evento off giovedì 9 ottobre (ore 11.00, Università di Bologna, Aula B, via San Petronio Vecchio 32): Cultural Shifts and Climate Drifts, un dialogo su arte, migrazioni e crisi ecologica con Nikos Papastergiadis e Sharifah Masturah Alatas.