Bologna li fa e poi li separa. L’affinità tra la città e i suoi talenti non sempre va a buon fine e come tanti illustratori anche Alessandro Tota (classe 1982, di Bari) dopo aver formato qui la sua arte e fondato la casa editrice Canicola si è trasferito nella terra promessa dei disegnatori: la France, Paris. A Bologna, però, ci ha lasciato un pezzo di cuore e ci torna almeno una volta all’anno, almeno per BilBOlbul, il festival di fumetto con il quale collabora da sempre. Anche quest’anno sarà presente, quindi, per presentare Il ladro di libri (domenica 22 novembre, h 16, alla Feltrinelli di Piazza Ravegnana), nel quale fa la parte dello sceneggiatore per i disegni di Pierre van Hove. Ne abbiamo approfittato per chiedergli un paio di cose.
È vero che „Se Parigi avesse lu mer sarebbe una piccola Ber“? A parte gli scherzi, come stai lì?
Bene! Ma io sto in periferia, per cui non è che il centro di Parigi lo veda tanto.
E com’è stato studiare a Bologna e quanto ti ha cambiato?
È stato fantastico, anni in cui ho imparato moltissimo. Considera che in quel periodo ho fatto Canicola da un lato e dall’altro studiavo Belle Arti, per cui ero praticamente obbligato a disegnare tutto il giorno senza dovermi preoccupare d’altro.
Quand’è stato che hai capito cosa volevi fare nella vita?
Verso i 16 anni credo. Ma non è che abbia mai messo in discussione il fatto che volessi disegnare. Non ho mai avuto altro in testa.
Perché ti sei trasferito? Cos’è iniziato a mancarti a Bologna?
Mi sono trasferito a Parigi per un colpo di testa, praticamente dall’oggi al domani ho fatto le valige e me ne sono andato. A Bologna stavo benissimo, ma la vita dello studente fuori sede non poteva durare. Stavo troppo bene, alla lunga era deleterio!
Riguardo a BilBOlbul quando e come ci sei arrivato la prima volta e che tipo di rapporto hai col festival?
È il festival che preferisco in Europa, dal punto di vista culturale e umano. Credo di averci avuto più o meno sempre a che fare, dalla prima edizione, in veste di invitato o di semplice turista.
Quale artista in programma quest’anno ci consigli di non perderci?
Farò un incontro con Marco Galli (sabato 21 novembre, h17.30, al Modo Infoshop) che vi consiglio di venire a conoscere perché è un artista molto originale. E naturalmente andate a vedere la mostra di Giacomo Nanni che si annuncia straordinaria.
Il protagonista de „Il Ladro di Libri“ ha il vizio del plagio: ti è mai successo di essere copiato? O di copiare?
Di essere copiato non saprei. Di copiare si, è naturale, ma non userei questo termine. Ho rubato, ma spero di averlo fatto con eleganza.
C’è un tuo lavoro a cui sei particolarmente legato? Perché?
Sono molto legato a Fratelli il mio secondo libro, perché è stato realizzato con grande libertà, che è quello che cerco quando faccio un libro, anche se non sempre è possibile.
Hai un disegno nel cassetto?
Tantissimi, però non li faccio uscire.
Come un disegno o un fumetto può cambiare il mondo o, almeno, la mia giornata?
Questa è una domanda difficile perché ne nasconde un’altra : „Può l’arte cambiare il mondo?“ Essendo un estensione dell’azione umana lo può fare come qualunque altra azione dell’uomo. Un disegno può essere forte come un cazzotto, anche se non sempre può rimpiazzarlo, e viceversa.
Sei anche tra i fondatori di Canicola: è faticoso portare avanti progetto del genere?
Sì, infatti non sono più nella redazione, do una mano ogni tanto in veste di inviato a Parigi.
Hai altre passioni?
A Bologna vivevo con dei musicisti per cui suonavamo sempre, ed è stata una delle mie grandi passioni del periodo.
C’è qualche posto qui che ti manca particolarmente?
Di Bologna mi mancano i Giardini del Guasto: nel breve periodo in cui furono aperti con il bar e ci si ritrovava là insieme a mezza città. E i Giardini San Leonardo dove andare a studiare, che è il posto dove ho incontrato mia moglie.
Qual è l’ultimo libro che hai letto?
Un libro di interviste a Scorsese pubblicato dai Cahiers du Cinema. Adesso sto rileggendo L’Hagakure, il manuale del samurai.
Programmi per il futuro?
Fare un altro centinaio di libri!