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Peacocklab

L'associazione promotrice del discusso progetto di rivitalizzazione della zona universitaria si racconta

Geschrieben von Salvatore Papa il 4 September 2017
Aggiornato il 29 Mai 2018

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Bologna

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Dagli aperitivi nel Giardino Pincherle poi diventati mastodontici al Cavaticcio fino all’impresa del Guasto Village e in mezzo tante tantissime feste e progetti collaterali: l‘associazione Peacocklab in poco meno di 10 anni ha mosso idee e persone, rigenerato luoghi e avviato – spesso indirettamente – il dibattito su questioni e zone accantonate della città, come sta succedendo anche in zona universitaria e in via del Guasto, che da giugno scorso è irriconoscibile.
Li abbiamo incontrati ed ecco cosa ci hanno raccontato.

Ricreazione al Parco del Cavaticcio
Ricreazione al Parco del Cavaticcio

Chi siete, quando siete nati e dove

Siamo Carlo Valentina, Daniele, Nicola, Leonardo e Lorenzo. Siamo un gruppo di bolognesi che ha in comune l’amore per la propria città e la voglia di sperimentare nuovi modi per viverla. L’associazione PeacockLAB è nata al Giardino Pincherle, dove Daniele e Gianluca (ex membro) avevano aperto il negozio PeacockSTORE, con l’intento di rigenerare quel piccolo fazzoletto di terra dimenticato dalla città. È così nata la rassegna estiva Kultural Enzymes. Dove oggi c’è la zona più “in” di Bologna, un tempo era il deserto, anche se era un deserto piuttosto affollato da gente non proprio graziosa. Siamo stati i primi a credere in quella zona. Il tempo ci ha dato ragione. Ora infatti c’è un progetto per sistemarlo e farlo (ri)diventare un luogo per eventi.

Come vi siete conosciuti?

Perlopiù ai tempi del liceo, alcuni di noi avevano già lavorato insieme per qualche evento, ma eravamo poco più che ventenni, una vita fa.

Qual è il vostro primo lavoro?

Ognuno di noi ha un’occupazione principale che non sempre ha anche fare con le attività di Peacocklab. Lorenzo è architetto e appassionato di arti visive, Carlo project manager in una agenzia di comunicazione, Valentina lavora nel mondo della comunicazione come digital PR, Leonardo è un agente di commercio, Nicola è Sales Account Manager in un’azienda internazionale, Daniele lavora nel reparto marketing e sales di Montenegro.

Peacocklab: perché questo nome?

Non c’è una ragione precisa, ma è un animale (il pavone, Peacock in inglese, ndi) che ci ha sempre affascinati per la sua eleganza. Credo avvenne dopo una festa piuttosto stravagante di un tizio pieno di soldi che aveva uno giardino. Ne rimanemmo impressionati e decidemmo chiamarci cosi.

Uno degli aperitivi al Giardino Pincherle
Uno degli aperitivi al Giardino Pincherle

Chi fa cosa nell’associazione?

Ognuno ha un ruolo che rispecchia anche un po’ il suo talento e la propria esperienza lavorativa. Carlo si occupa comunicazione insieme a Valentina Leonardo della logistica insieme a Lorenzo, Nicola è il nostro art director, visto che gira il mondo per via del suo lavoro e trova sempre nuovi spunto all’estero (e ascolta tanta musica in volo;) Daniele, che si occupa di eventi da una vita, è presidente dell’associazione e tiene le fila di tutto.

L’impresa di cui andate più fieri? E quale quella che vi ha dato più problemi?

Lorenzo – Ogni anno cerchiamo di superarci e di dedicarci ad un progetto nuovo e mai visto in città. Per questo motivo, probabilmente, ad oggi, il Guasto Village è l’impresa più ardua in cui ci siamo cimentati e di conseguenza quella di cui andiamo più fieri.

Carlo – Bè sì, il Guasto è senz’altro il nostro punto più alto, sia a livello di visibilità che di risultati, neanche noi ci aspettavamo un simile successo. Ci piace ricordare anche quando portammo centinaia di persone all’Esprit Nouveau, Un posto incredibile nel cuore della zona fieristica di Bologna. Prima di quella sera pochi under 35 sapevano che in Piazza della Costituzione c’era un gioiello di architettura firmato da Le Corbusier. Amiamo far scoprire e apprezzare ciò che c’è ma è dimenticato o sconosciuto. Sono gli eventi che ci esaltano di più. I problemi più grossi mi ricordo arrivarono con il primo esperimento al Guasto, “Guastoland” nel 2015. Era un progetto ambizioso e bellissimo dedicato al Giardino del Guasto, ma diciamo che ancora non erano maturi i tempi.

La festa all'Esprit Nouveau
La festa all’Esprit Nouveau

Che città è Bologna secondo voi?

Carlo – Parafrasando, anzi stuprando una citazione di Nietzsche, una corda tesa fra la metropoli moderna e un paesotto borghese; mostra sempre un potenziale inespresso, forse per via di logiche miopi e invidie territoriali. Però questo limite le consente allo stesso tempo di essere ancora un posto vero, con un’identità forte.

Lorenzo – Bologna è una splendida città in cui bolle un sottobosco ricchissimo di iniziative culturali che meriterebbero più visibilità. Noi cerchiamo di dare un palcoscenico a queste iniziative, cercando di fare riscoprire agli abitanti quei luoghi che, per vari motivi, erano finiti nel dimenticatoio collettivo, tentando al tempo stesso di concretizzare veri e propri interventi di riqualificazione urbana.

Che tipo di pubblico è quello al quale vi rivolgete?

Un tempo ai giovani, oramai a tutti, il Guasto non ha limiti di età, qui ci passeggiano mamme con i passeggini e studenti al primo anno, e credo sia la cosa più bella di questo progetto.

E l’idea del Guasto Village quand’è arrivata?

Quest’inverno, parlando con alcuni esercenti della zona universitaria è venuta fuori l’idea di replicare gli esempi di successo visti all’estero per rigenerare zone “problematiche”. Abbiamo presentato il progetto al Comune radunando chi secondo noi poteva essere più adatto ad occupare lo spazio, attingendo a piene mani dal nostro network sviluppato in 10 anni di attività. È stato tutto velocissimo, l’ok è arrivato a fine aprile. Il 15 giugno abbiamo aperto. Ancora non sappiamo come abbiamo fatto. Forse era destino.

Il Guasto Village dall'alto
Il Guasto Village dall’alto

I container dove li avete recuperati? E quanto costa un container?

Un container costa 2000 euro. Li abbiamo recuperati da un azienda di Bologna e li abbiamo modificati secondo le esigenze della rassegna. L’associazione Serendippo, che stava già portando un progetto di riqualificazione di via del Guasto tramite la street art, ci ha portato gli artisti che li hanno decorati. È stato bello conoscersi e collaborare per un obiettivo comune.

Come mai le critiche?

Le critiche in questa città te le devi aspettare, specialmente quando una cosa funziona. Ciononostante stiamo parlando con chiunque per coinvolgerlo nel progetto, vogliamo che il Village sia solo il primo mattone di qualcosa di più ampio, che coinvolga davvero tutti.

Cosa offrireste/consigliereste a Giuseppe Sisti di Assopetroni?

Quello che consigliamo ogni volta che passa di qua è di aprire gli occhi, portare suo nipote ad uno dei worskhop di Leila per i bambini, leggere una rivista d’arte all’edicola di Fruit, godersi una cena di pesce alla Saracca o un ortica, la piada di Erba. E, infine, assaggiare i cocktail del Gester o della Tavola dei Briganti. Tutto ciò mentre ascolta un po‘ di musica grazie alla programmazione di Radio Città del Capo e, perché no, se é appassionato di dischi, farsi consigliare qualche chicca da Dj Rou dell’Archivio.

Quali sono, invece, secondo voi i pregi e i difetti di questo progetto?

Riguardo ai pregi, basta ricordarsi cos’era questa via 2 mesi e mezzo fa. Oggi chi lo frequenta ci dice spesso che sembra di stare a Berlino, molti residenti non smettono ancora di ringraziarci di poter finalmente tornare a casa tranquilli.
I difetti? Essendo stato fatto tutto di fretta probabilmente poteva essere fatto meglio in alcuni aspetti, ma questo è solo il primo anno, siamo già al lavoro per ingrandire il progetto e coinvolgere altre realtà, anzi, chi è interessato si faccia avanti!

Il Gester al Guasto Village
Il Gester al Guasto Village

Cosa rispondete a chi vi dice che i problemi sono sempre gli stessi quale metro più in là?

Non è nostro compito risolvere il problema dello spaccio o della tossicodipendenza, né del decoro pubblico, concetto un po’ indefinito e forse strumentalizzato su cui si può stare due ore a discutere. Noi avevamo un obiettivo semplice, far tornare sicura e piacevole una zona che non lo era, e ci stiamo riuscendo credo, perché è quello che sappiamo fare. Sono altre le realtà che magari hanno l’esperienza e gli strumenti per farlo, a dover pensare a questi problemi gravissimi. Non è per disinteresse, è semplicemente conoscere le proprie qualità e i propri limiti. Se ognuno mettesse a disposizione il proprio talento per migliorare Bologna, lavorando su quegli aspetti in cui sa dare un reale apporti, forse questa città farebbe il salto di qualità definitivo.

Leggevo che andrà avanti anche dopo l’estate. Quindi cosa succederà in concreto?

Stiamo lavorando per far sì che si possa godere delle attività del village anche con il freddo (che a Bologna ormai è relativo) e forse lo allargheremo. Vorremmo poi coinvolgere sempre di più le associazioni cittadine e l’università creando nuovi eventi e spazi all’interno della zona.

Quanta economia c’è e quanta politica in quest’impresa?

Economia poca, se si pensa che il contributo, prezioso, del Comune ha coperto sì e no metà delle spese. Politica sì, ma è normale, ogni volta che ti occupi di uno spazio pubblico tu porti avanti un atto politico. L’importante è che questa azione politica sia di beneficio per tutti, e mi sembra che lo sia ad oggi.

Foto di Margherita Caprilli
Foto di Margherita Caprilli

È chiaro che la questione della zona universitaria segnerà – tra le altre cose – le sorti delle prossime elezioni. Non vi sentite un po’ strumentalizzati? E come gestite il rapporto con l’amministrazione e la politica cittadina?

Carlo – E perché mai? Perché un’amministrazione ha fatto lavorare persone che hanno esperienza sul campo e sanno come muoversi in un contesto così difficile? Allora questa domanda si potrebbe rivolgere a tutte le associazioni che hanno ricevuto uno spazio o un contributo per fare le proprie attività, e non mi sembra che succeda.
La verità è che la zona universitaria occupa sempre i giornali, perché si sa che li scatta sempre il battibecco. È vero, qui c’è in atto uno scontro politico, ma è alimentato da quattro gatti che hanno mire specifiche e, francamente, patetiche. La maggioranza silenziosa, quella che anima il village ogni sera, apprezza il lavoro e se ne infischia. Vuole solo esser fiera della sua città, nessuna strada esclusa.

Valentina – Cerchiamo di tenercene fuori il più possibile, evitando di mostrarci parte di lotte e campagne che non ci rappresentano.

Poniamo il caso che l’esperimento possa ripetersi altrove, quale potrebbe essere il prossimo “village”?

Carlo – Prima pensiamo a migliorare tutta la zona universitaria, Piazza verdi (i concerti in piazza di questi giorni hanno dimostrato che la strada della cultura è giusta) e via Petroni, che ancora ad oggi ha di problemi di sicurezza. Per il resto c’è tempo.

Valentina – Non vedo il Guasto Village come un format replicabile ovunque, ogni area ha le sue caratteristiche che vanno ben studiate e capite.

Ritorniamo a voi: cosa fate nel tempo libero e che posti frequentate?

Oramai pochi da quando ha aperto il Guasto! In generale ci piace davvero tutto. Dai concerti al Locomotiv alle serate del Kong, dall’aperitivo al XM24 a quello al quadrilatero. Amiamo Bologna per questo, perché offre una grande varietà in pochi chiilometri, e vogliamo che resti così per sempre.

Una canzone contro i musoni

CarloFutura di Dalla, made in bolo e colma di speranza per il futuro, come Peacocklab.
Valentina Give me the night di George Benson