Mario Cresci è autore, fin dagli anni Settanta, di opere eclettiche caratterizzate da una libertà di ricerca che attraversa il disegno, la fotografia, il video, l’installazione, il site specific. Il suo lavoro si è sempre rivolto a una continua investigazione sulla natura del linguaggio visivo usando il mezzo fotografico come pretesto opposto al concetto di veridicità del reale.
Per la sua personale La luce, la traccia, la forma Fondazione Modena Arti Visive ha invitato l’artista a creare un dialogo con la mostra L’impronta del reale. W. H. Fox Talbot alle origini della fotografia che contemporaneamente le Gallerie Estensi, in collaborazione con FMAV, dedicano all’inventore della fotografia su carta e ai procedimenti di riproduzione delle immagini.
Mario Cresci si è ispirato alle origini della fotografia come traccia creata dalla luce e ha ideato un allestimento composto da una serie di opere che evidenziano il suo interesse per l’incisione e più in generale per il “segno” che dal primo momento è stato in senso più ampio un tema costante della sua ricerca artistica.
L’artista riprende un lavoro fatto nel 2011 per l’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, e si focalizzava in parte sui segni incisi da Giovanni Battista Piranesi, Annibale Carracci e Luigi Calamatta, analizzati attraverso opere video e scatti fotografici che ne disvelano la matericità nel rapporto con la lastra di rame. Nel video (Segni di segni nei segni, Roma 2011-Bergamo 2020), proiettato all’interno della Chiesa di San Nicolò, il solco del bulino costruisce in sequenza alcuni particolari delle lastre di Piranesi, mentre le nuove fotografie (Rivelati, Roma-Bergamo 2020), macro prelievi di particolari delle lastre incise da Calamatta e da Carracci – realizzate da Alfredo Corrao – nell’elaborazione di Cresci, manifestano la loro natura di opere d’arte autonome generando attraverso tracce e segni altre opere, utilizzando riproduzioni di riproduzioni della realtà, in un continuo circolo interpretativo e creativo.
Written by L.R.