La lacuna, la mancanza, l’interruzione, automaticamente completata dalla percezione umana, diventa nel progetto “Raccogli la cosa nell’occhio” di Martino Genchi per il Museo Civico Medioevale, uno stimolo. Là dove l’occhio umano continua la forma, Genchi interviene a fermare gli automatismi e lo sguardo. In un dialogo apparentemente conflittuale di forme e materiali, le opere dell’artista si ineriscono in completa sinergia negli spazi museali creando un nuovo equilibro.
È fin dall’esterno delle sale, dall’architettura con la sua storia, che Martino Genchi viene attratto e stimolato. Il museo appare all’artista al pari di un dispositivo ottico, strumento che spinge alla visione di qualcosa che non è affatto immobile, ma in continuo movimento. Perché gli oggetti esposti sono frutto del tempo, conseguenze di fattori ambientali e umani, ancora oggi sottoposti a studi per colmare le lacune della nostra conoscenza.
E allora i vuoti lasciati dai gioielli rimossi dalla statua di Bonifacio VII, il bus scomparso dell’Arca di Riccardo e Roberto da saliceto, il braccio perduto di Apollo, diventano mancanze che aprono la forma. A volte in maniera più invasiva, come nel caso dell’intervento nato dall’osservazione dell’opera di Jacopo della Quercia, altre volte in maniera più allusiva, come per l’opera che ci spinge ad osservare il retro di una lastra della sala dedicata ai monumenti funerari, i poligoni regolari di Genchi non vanno considerati ed osservati come corrispondenze nette della mancanza, come sostituzioni, ma come “sonde”. Al pari di questi strumenti tecnologici, le forme geometriche di Genchi ci permettono di osservare in modo amplificato e forse distorto, perché sono loro stesse a farlo.
Inaugurazione giovedì 26 gennaio h 18.00
Written by Guendalina Piselli