Nella tradizione alchemica così come nella simbologia antica l’ouroboros rappresenta l’energia universale che si consuma e si rinnova per intervalli ciclici e, in maniera analoga allo Yin e allo Yang orientali, è luce e ombra, inizio e fine di ogni cosa. L’ultimo appuntamento con Timeshift, la clubnight che nel corso dell’ultimo anno ha portato in città gli act più tumultuosi dalla scena techno internazionale, sembra configurarsi come un percorso avventuroso lungo un sentiero ultraterreno nel cono d’ombra più remoto, un definitivo salto nell’oscurità prima della rinascita.
Il serpente che eternamente ritorna in questo caso ha fattezze umane, teutoniche, e nell’ultimo decennio ha dato forma a un suono e un immaginario dalla notevole carica primordiale. Michael Wollenhaupt ovvero Ancient Methods, proprio colui che aveva tagliato il nastro della nuova stagione a Zona Roveri, riappare a Bologna come parte di un tutto che a queste latitudini non si è mai manifestato e si preannuncia come il live act più estremo dell’anno: Eschaton. L’alleanza sonica costruita assieme all’iconico duo industrial/experimental noise canadese Orphx, a sua volta composto da Christina Sealey e Rich Oddie e probabilmente il sodalizio più influente all’interno dell’area grigia tra techno, industrial, rhythmic noise e EBM, è nata nel 2014 nei solchi di un vinile (quello stesso “Eschaton EP” dato alle stampe dalla Token Records di Kr!z) e si è evoluta con quell’alone di culto proprio di pochi, peculiari progetti del panorama elettronico a tinte dark. Brutale, riverberante, ossessiva, la cifra stilistica di Eschaton tocca le corde più vibranti dell’ascoltatore attratto dalla commistione tutta moderna tra suggestioni black metal, ritualità doom e detonazioni technoidi, e resterà di certo nella memoria dei seguaci di Timeshift come statement assoluto, manifesto sonoro e punto di arrivo della ricerca portata avanti dalla crew.
In una serata che per molti versi sembra uno snodo cruciale nella giovane storia di Timeshift, il resto del programma passerebbe quasi in secondo piano se non fosse che nel complesso industriale alle porte della città si alterneranno altre due figure singolari e apprezzate su scala globale. Il live dell’eclettico ucraino Stanislav Tolkachev, prolifico e abile come pochi a unire visione e tecnica, ricerca espressiva e propensione al dancefloor; e infine l’ultimo giro sulle montagne russe guidati dalle mani del veterano DJ Pete. E poi il buio. E poi la luce.
Written by TODO MUERE