Se siete sbarcati in laguna attraversando il ponte della Libertà in macchina, tram o autobus, sarete costretti a subire le angherie del clima gentilmente offerte da Piazzale Roma. Snodo viario notoriamente sgradevole in estate – o nei giorni di pioggia – a causa della quasi completa assenza di ripari, il piazzale può trasformarsi in un gigantesco girarrosto adagiato su una distesa di asfalto bollente. Se siete dei novelli Nosferatu in attesa del bus per l’aeroporto, la salvezza da questo trafficato girone infernale è a pochi passi: ai margini del piazzale si estende il giardino pubblico Papadopoli, una chiazza di verde ormai lontana dai fasti del giardino originario. Poco rimane delle antiche glorie volute dai conti Papadopoli: i 12.000 metri quadri di natura, ordinati e curati dallo scenografo e architetto del paesaggio Francesco Bagnara tra 1834 e 1835, lasciarono posto al terminal di Piazzale Roma un secolo dopo la loro fondazione. Dei centinaia di alberi da frutto, fiori rari e gelsi, rimangono oggi a dimora lecci, cedri e cipressi, soffocati dai chioschetti turistici. Colline, voliere e terrazze sul Canal Grande sono ormai un antico ricordo: nel 1933 il parco fu spezzato dall’attraversamento di Rio Novo, ridimensionandosi agli odierni 7.500 metri quadri. Due piccoli lembi di terra mostrano le tracce del vecchio giardino, testimoniato dagli avanzi di una fontanella incastonata tra le rocce, a memoria dell’ottocentesco ninfeo. Non siate schizzinosi: se state per collassare dal caldo mettetevi al riparo e godetevi questo luogo come se fosse l’ultimo confine sospeso tra la città d’acqua e il mondo reale.
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Giardini Papadopoli
ZERO here: cerca una panchina e si allaccia le scarpe
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