Vi direbbe qualcuno che i “bei tempi” dei grandi eventi culturali della nostra città sono ormai un ricordo. Prendi il caso del Torino Film Festival – quest’anno dal 22 al 30 novembre 2024 –, per il quale parrebbe sempre più acuirsi l’impressione, anno dopo anno, che di quello stesso festival sia rimasto solamente il nome. Un’impressione legittima, se non fosse che il TFF ha sempre cercato nuove intuizioni atte a reinventarsi, uscendone così facendo talvolta rafforzato, talaltra indebolito – e come potrebbe essere altrimenti. Metabolizzata l’esperienza con il critico Steve Della Casa, che lo aveva visto condurre le annate 2022 e 2023, la direzione dell’evento è stata ora affidata a Giulio Base, attore e regista torinese, e alla sua squadra di giovani e giovanissimi (tuttə tra i venti e i trent’anni). Direzione che ha scelto di ripartire in quarta dedicando la presente edizione al divo dei divi Marlon Brando e ai cent’anni dalla sua nascita, omaggiando il Colonnello Kurtz con un’ampia, imperdibile retrospettiva: una bella pensata che si connette a un’altra iniziativa visiva, e cioè quella della videomostra Brando’s Touch – Un viaggio nell’icona di Marlon Brando a 100 anni dalla nascita, in collaborazione con Gallerie d’Italia (una tappa ormai obbligatoria, come luogo dell’arte in sé, per chi frequenta abitualmente mostre e musei).
Ripartire da un attore così incorrotto come Brando non può che aver prodotto un inedito slancio, in casa TFF, tanto che, promette il neodirettore del Museo del Cinema Carlo Chatrian, il programma del quarantaduesimo “saprà contraddistinguersi per la scelta di opere originali e per una più massiccia presenza di registe e cineaste” (a partire dalle tre presidenti di giuria delle sezioni di concorso: Margaret Mazzantini, Roberta Torre e la brava Michela Cescon). Diversi dei centoventi titoli delle sezioni di concorso (lungometraggi, documentari e cortometraggi) e di quelle non competitive (Fuori Concorso, Zibaldone, Retrospettiva su Brando), saranno introdotti da registi, interpreti e esponenti della cultura cinematografica. Per fare alcuni esempi, Ron Howard presenterà Eden (il suo nuovo lungometraggio); Sharon Stone The Quick And The Dead di Sam Raimi; Giancarlo Giannini Pasqualino Settebellezze di Lina Wertmüller; Ornella Muti e Michele Placido Romanzo Popolare di Monicelli; Alec Baldwin Caccia a Ottobre Rosso di John McTiernan, mentre Matthew Broderick, scortato dalla consorte Sarah Jessica Parker, star di Sex And The City, parlerà al pubblico del suo rapporto con Brando durante le riprese della commedia Il Boss e la Matricola di Andrew Bergman, anch’essa in programma. L’attrice francese Emmanuelle Béart, insieme alla regista Anastasia Mikova, porterà invece a Torino il documentario Un Silence Si Bruyant, nella speranza di dar voce ai drammi personali delle tante e troppe vittime di violenza sessuale (tutti i personaggi qui citati verranno insigniti del premio Stella della Mole indetto dal Museo del Cinema).
Un programma che tende alla credibilità
Come per tradizione, anche stavolta i film in concorso presentano registi indipendenti da più lati del globo. Particolarmente forte, posando un fugace sguardo sulle brevi trame dei titoli, è il tema politico-sociale che accomuna diversi dei lungometraggi in gara. Ma non c’è solo quello: la spagnola Andera Jaurrieta, col suo Nina, mette in scena il racconto di una donna in odore di vendetta omicida; la tedesca Chiara Fleischhacker, col suo Vena, sgomitola una storia insolita sul diventare genitori, mentre l’italiana Eleonora Danco, nel dirigere e interpretare N-Ego, si traveste bizzarramente da manichino “dechirichiano” incontrando personaggi a suo dire unici. Nella sezione Fuori Concorso c’è in cima il già anticipato Eden di Ron Howard, ambientato alla fine degli anni Venti del Novecento, la cui trama vede una coppia di scienziati tedeschi trasferirsi nelle Galapagos, più specificamente in un paradiso in terra destinato a tramutarsi in un inferno (nel cast Jude Law, Vanessa Kirby, Daniel Brühl e Sydney Sweeney). Con Un Natale a Casa Croce, Pupi Avati crea un affresco sull’esistenza di Benedetto Croce, uno dei massimi filosofi italiani, mentre in Riff Raff, del valente Dito Montiel (ricordate Guida Per Riconoscere I Tuoi Santi?), Vincent è un ex criminale la cui apparente tranquillità subisce un rovesciamento nel momento in cui i nemici di un tempo lo vanno a cercare (di trame di questo genere, sebbene scontate, se ne era sentita l’assoluta mancanza nelle due ultime – difficili – edizioni del TFF).
Invece in Waltzing With Brando (di Bill Fishman) si torna nuovamente sulla figura del “wild one” per antonomasia, ricostruendone in modo veritiero i rapporti con l’architetto Bernie Judge, cui Marlon si era rivolto per la costruzione di un paradiso privato ed ecologicamente sostenibile (su una piccola isola tahitiana, per la precisione). Nella stessa sezione anche The Assesment, di Fleur Fortuné, produzione tedesca-inglese-americana incentrata su un futuro distopico e sempre più prossimo, in cui chi desidera procreare è costretto a sottoporsi a un durissimo test di valutazione nel quadro di una società ipercontrollata. Parlare di “futuro orwelliano” è ormai un’impellente necessità, da qui l’idea di inserire tra i titoli del programma anche Brazil, classico di Terry Gilliam (ispirato sia a 1984 sia a 8½ di Federico Fellini), film destinato in realtà alla nuova sezione “Zibaldone”. Una citazione, quella leopardiana, che in definitiva pare calzante, se si pensa che nel suo volume, come spiega l’autorevole Treccani, il fu di Recanati mostra una natura incline a tornare sui propri passi, e quindi una spinta alla (auto)critica e (auto)correzione. Giusto quello che serve al TFF per ritornare, finalmente, a brillare. Sarà questa la volta buona? Le premesse lasciano propendere per una risposta affermativa.