In Piazza del Nettuno per fermare il genocidio in corso a Gaza. È la piazza permanente organizzata dalla rete di circa 50 realtà cittadine Bologna per la Palestina e molte altre associazioni e singole persone. Un raggruppamento trasversale spinto dalla necessità di fare di più con un obiettivo immediato molto chiaro: bloccare il memorandum di cooperazione militare con Israele che dovrebbe aggiornarsi automaticamente domenica 8 giugno.
Ogni giorno da oggi, dalle h 18 alle h 20, ci sarà il microfono aperto per chiunque voglia prendere parola, oltre a diversi momenti dedicati alla musica, all’arte e alla poesia per esprimere vicinanza al popolo di Gaza e ai palestinesi vittime del genocidio.
«Saremo in piazza – racconta Maite di Bologna per la Palestina – per chiedere innanzitutto al Governo di non rinnovare gli accordi militari con Israele. Accordo che dieci giuristi hanno ritenuto incostituzionale perché segnato da una violazione del diritto umanitario. Per questi primi quattro giorni fino a domenica abbiamo deciso di partire con una forte azione di sensibilizzazione contro tutte quelle azioni di complicità con il genocidio in corso. Nei giorni scorsi abbiamo appreso, ad esempio, del carico di armi diretto a Israele fermato nel porto di Ravenna e questo non lo possiamo più permettere.»
Oltre al memorandum, sarà anche l’occasione per tenere alta l’attenzione anche verso la Cisgiordania e i partigiani palestinesi Anan, Mansour e Ali, detenuti in Italia sulla base di accuse israeliane e di false testimonianze estorte sotto tortura nelle carceri israeliane. Ma anche per dare supporto alla Freedom Flotilla, barca a vela salpata nei giorni scorsi da Catania per rompere il blocco israeliano e portare aiuti umanitari a Gaza. Sulla barca ci sono Greta Thunberg e altri undici attivisti internazionali che nei giorni scorsi sono stati seguiti da alcuni droni e minacciati dal governo israeliano. Già a maggio la Freedom Flotilla era stata attaccata vicino Malta.
«La priorità – continua Maite – è fermare il genocidio, quindi per noi è importante che tutti scendono in piazza. Quindi è bene che ci siano tante manifestazioni e tante piazze diverse. Ma è altrettanto importante cercare di riconoscere e capire il processo che ci ha portato fin qui. Perché se ci fermiamo alle accuse verso Netanyahu e il suo governo, senza prendere in esame quel movimento politico, razzista e colonialista che si chiama sionismo, non renderemo mai giustizia al popolo palestinese.»