Il 2 agosto del 1980 alle ore 10:25 una valigia abbandonata nella sala d’aspetto della Stazione di Bologna esplose causando la morte di 85 persone e oltre 200 tra feriti e mutilati. A 43 anni da quella strage fascista molti sono ancora gli interrogativi aperti.
Una strage politica frutto non dell’esaltazione criminale di una banda di neofascisti, disponibili per fanatismo agli atti più efferati, ma di un progetto politico e criminale di ampia portata radicato ai vertici della loggia massonica P2 e sostenuto dalla complicità, dai silenzi, dalle omissioni di chi aveva la possibilità di sapere e impedire ma non lo fece perché era di fatto al servizio di chi sostenne, finanziò e promosse la strage”. Così scrivono nelle motivazioni i giudici che hanno condannato in primo grado il neofascista Paolo Bellini quale quinto esecutore materiale della strage, l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, quale depistatore e Domenico Catracchia, l’amministratore del condominio di via Gradoli, caro, quale favoreggiatore, a Brigate Rosse e ai terroristi neri dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari). Poi ci sono le responsabilità dei capi piduisti Licio Gelli e Umberto Ortolani, il capo del Servizi Segreti Federico Umberto D’Amato e il potente giornalista ed ex senatore del partito MSI (Movimento Sociale Italiano) Mario Tedeschi: mandanti, organizzatori e depistatori riconosciuti, coinvolti nel progetto eversivo e stragista anche se deceduti.
Lo ha ricordato questa mattina in Piazza Medaglie d’Oro il presidente Paolo Bolognesi a nome dell’Associazione tra i famigliari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.
“Se siamo arrivati alla sentenza sui mandanti – ha aggiunto il Sindaco di Bologna, Matteo Lepore – lo si deve unicamente al lavoro imponente che hanno portato avanti, con la partecipazione di tante figure che sono anche qui presenti oggi in piazza tra voi e che ringrazio: avvocati e giornalisti di inchiesta, che frammento dopo frammento, hanno portato elementi utili al lavoro inestimabile della Procura generale. Ma a voi chiedo: chi ha paura della sentenza sui mandanti?”
Qui le foto di Riccardo Giori.
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