Ciao Valerio, ciao Rocco, presentatevi in pochissime parole e diteci cosa stavate ascoltando prima di iniziare questa chiacchierata.
VALERIO MAIOLO – Cerco di non trovarmi mai in situazioni in cui devo presentarmi in poche parole perché non lo so fare. Nei giorni prima di un concerto ascolto ossessivamente canzoni, musica leggera. Prima di venire qui stavo ascoltando in loop Bambina di Alessandro Bono, Luna di Gianni Togni e Star Shopping di Lil Peep.
ROCCO MARCHI – Io in verità, che di canzoni mi occupo quasi sempre per passione e per lavoro, di solito ascolto altro. Oggi Mammane Sani e Olivier Messiaen. È una giornata di organi e organetti.
Se dico Trovarobato a cosa pensate?
V. All’etichetta che si appassionò alla band in cui suonavo quando avevo 19 anni, i Sex With Giallone. Avevamo fatto tre prove che culminarono in un concerto a Casalecchio di Reno. C’erano i Mariposa e quindi Trovarobato. Ci siamo conosciuti con Rocco in quell’occasione. Dopo molti anni di lavoro, pubblicammo con loro We Had A Room At Tropicana Motel. A disco ultimato ci siamo sciolti.
R. Trovarobato è l’etichetta che ho fondato tanti anni fa insieme agli altri Mariposa. Oltre che una struttura di autoproduzione è stato uno strumento per mescolarsi con altri musicisti, far succedere cose belle e importanti, far nascere relazioni e collaborazioni, come questa con Valerio. Dopo molti anni di lavoro, ho abbandonato la gestione attiva della label. Ma i Mariposa non si sono sciolti. (ride, ndr)
Se dico musica elettronica, invece, cosa pensate?
R. Sai, è un po’ come dire musica per organo, non dice un gran che del processo e della sensibilità di chi la sta facendo.
V. Io penso a un particolare approccio alla percezione del suono. Mi dimentico immediatamente dell’attributo “elettronica” in quanto la musica mi interessa dal momento in cui il suono è spazio e nello spazio. Poi penso a Bernard Parmegiani, a Denis Smalley…
R. Infatti Valerio parla di due monumenti della cosiddetta musica elettroacustica. Anche Moroder ha fatto della musica “elettronica”, a volte peraltro pregevole. Ma mi interessano e mi provocano di più i parametri che mettono in campo Grisey o Xenakis. Oltre al faro di Cage, che ha speso la vita a ricordarci di ascoltare.
V. Parlavamo infatti con Rocco di Lettera a uno sconosciuto (libro intervista a Cage edito da Socrates, ndr), qualche giorno fa.
R. E dicevamo: quella è la Bibbia.
Siete tra i primi ospiti di Knobs, neonata rassegna di Panico volta a scovare i talenti dei “pomelli” italiani. Contenti? Consigliateci un vostro collega di Bologna ed uno del resto del mondo.
V. Li ringrazio tantissimo per avermi dato la possibilità di suonare insieme a un essere umano meraviglioso come Rocco Marchi, che è anche un grande musicista, un produttore, un grafico, un fotografo e un cuoco eccellente.
R. A questo punto, non posso che consigliarvi il collega Valerio Maiolo, qui e nel resto del mondo…
V. Per il motivo di cui sopra non mi eccita particolarmente la questione dei “pomelli”, degli “spippoli” e così via.
A Bologna c’è un musicista molto preciso e consapevole, qualità rare, che ha un rapporto davvero spirituale con le macchine, soprattutto digitali, e con i manuali delle macchine. Si chiama Marco Costa aka Vertex. Non troverete molto su di lui in rete.
C’è un altro musicista, svedese, che stimo tantissimo per la profondità e la luminosità del suo lavoro teorico e artistico, Marcus Pal, e anche di lui in internet trovate solo quello che vi serve veramente.
R. Aggiungo Andrea Belfi. È un amico, un compagno di band (negli Hobocombo, ndr) e ho appena terminato di mixare il suo prossimo disco, quindi sono forse in conflitto di interesse. Ma apprezzo davvero molto la sintesi che ha operato negli anni sul suo solo-set, partendo dagli esperimenti più vicini all’elettroacustica per approdare ad un linguaggio unico, personale, esatto.
Cos’ è successo alla musica a Bologna negli ultimi dieci anni?
V. A Bologna succedono un sacco di cose continuamente, anche musicalmente. Tracciare un profilo coerente sarebbe riduttivo e fuorviante.
R. Mi fido di Valerio. Quando non sono in giro a suonare o chiuso in studio, son sempre a casa…
Che posti frequenti?
R. Più che altro l’alimentari La Provvida, in via Creti. Ottima selezione di salumi e formaggi e una fiorentina eccellente.
V. Negli ultimi mesi frequento molto i treni e le piste ciclabili, per raggiungere il posto dove sto lavorando. Un’azienda che realizza prodotti multimediali, plug-in, sintetizzatori. In inverno cerco di andare in palestre per praticare la giocoleria, mia grande passione da molti anni. A Xm24 ce n’è una bellissima, tenuta con estrema cura, molto frequentata da artisti bravissimi che si allenano tantissimo. E questa è solo una delle tantissime attività che ci sono a Xm24, una risorsa per questa città e per la Bolognina in particolare.
La sera vado in giro a caso, raramente resto a casa.
Valerio, tu sei bolognese, Rocco invece vieni da Verona ma vivi qui ormai da tanti anni. Perché avete deciso di vivere qui?
R. A guidarmi qui è stato il caso (leggi: gli affetti). Alla fine, sono uno che dove mi metti sto. E, stando in Bolognina, oltre che all’Xm (sempre sia lodato!) in dieci minuti sei su un treno o su un aereo. Quindi, e mi contraddico, mettimi dove vuoi, tanto non ci sto.
V. Ti correggo. Questa è la città che mi ha adottato quando avevo 14 anni ed è diventata quella che sento come la mia casa. È qui che sono cresciuto. Prima vivevo ad Apice, un piccolo paesino in provincia di Benevento. Madre cipriota, padre calabrese. Dunque, mi colloco nel bel mezzo del Mediterraneo per quanto riguarda le mie origini.