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Il Giardino San Leonardo alla Johns Hopkins University: cittadini in rivolta

Written by Salvatore Papa il 30 June 2025

Chi vive la zona universitaria sa che ogni albero e pezzo di terra viva è un patrimonio inestimabile. È anche per tale motivo che il Giardino San Leonardo (sulle mappe: Don Tullio Contiero), insieme a quello del Guasto, è uno dei luoghi più amati da studenti e studentesse e dagli ormai pochi e poche residenti, un rifugio pubblico dove studiare o semplicemente passare del tempo, riuscito a resistere alla colonizzazione turistica grazie anche al lavoro volontario dei cittadini che se ne sono presi cura. La più nota è stata la signora Anna che fino a quasi 90 anni ha presidiato e reso fruibile il San Leonardo cambiandone le sorti dopo alcuni anni molto bui, facendo praticamente quasi tutto da sola. «Da qui me ne andrò solo quando sarò morta», diceva nel 2016 allo scadere della convenzione con la sua associazione.

Dopo Anna si sono poi succedute diverse convenzioni con associazioni e comitati di residenti che hanno provato a tenerlo vivo e a fare un po’ di manutenzione, tra cui Chiusi Fuori, che si occupa del reinserimento sociale dopo la detenzione.

Il 29 maggio scorso il Comune di Bologna ha annunciato, però, il nuovo progetto per il Giardino: una “rigenerazione” a carico dell’adiacente Johns Hopkins University accordata tramite un patto di collaborazione.

L’università privata americana, tra le migliori dieci del mondo, offre corsi le cui rette costano mediamente attorno ai 40 mila euro annui (60 mila, considerando anche altre spese) e ha proposto al Comune uno scambio: l’allargamento della sua caffetteria verso il giardino in cambio della riqualificazione dell’area verde. “L’ampliamento di superficie della caffetteria – scrivono – è conditio sine qua non per questa massiccia opera di rigenerazione”.
La riqualificazione – da quello che si legge nella proposta del Patto di Collaborazione ripresa dal comunicato stampa del Comitato – comporterebbe tuttavia l’abbattimento di 3 allori tutelati, rimpiazzati da altri sei esemplari diversi e – questione ancora più controversa – la trasformazione dell’alloggio popolare di Acer presente nel giardino in un ristorante di tipo kosher “previo ricollocamento della famiglia ospitata nell’immobile”. Infine la trasformazione della parte di giardino non occupata dal bar in una “piazza polifunzionale atta ad accogliere eventi e festival”.

L’intervento è stato affidato allo Studio Betarchitetti di Daniele De Paz (già presidente della Comunità ebraica di Bologna) per conto di Johns Hopkins University e l’inizio dei lavori è datato 19 maggio 2025, sebbene i cittadini e le associazioni ne siano venute a conoscenza a conti già fatti. Nessun percorso di partecipazione, quindi, e nessun coinvolgimento. È nata perciò un’assemblea spontanea e molto partecipata di residenti e frequentatori che si riunisce al giardino e ha costituito un Comitato per opporsi all’intervento: il “Comitato contro la privatizzazione del Giardino San Leonardo“.

“Nella proposta di patto di collaborazione – scrivono – si afferma che l’apertura della caffetteria privata della JHU nel giardino servirà anche a garantire un “presidio costante” e una “sorveglianza” dello spazio. In pratica, la gestione di una parte del giardino come bar diventa uno strumento di controllo affidato a un soggetto privato.”

«Sebbene non sia scritto da nessuna parte – racconta Valeria, un’attivista del Comitato – questa è una privatizzazione mascherata, perché si concede di fatto alla Johns Hopkins la regolamentazione delle attività diurne e serali, quindi la vigilanza privata di uno spazio pubblico. Puntando sulla “mala-frequentazione”, agiscono con la retorica della sicurezza stravolgendo un luogo che ha un degrado, sì, ma strutturale, che dipende quindi dalla mancata manutenzione ordinaria del Comune e non dalle persone che lo vivono, tra cui moltissime famiglie, bambine e bambini in un’area che ha comunque ancora un’anima popolare, in virtù della presenza di edilizia residenziale pubblica.»

Il progetto – si legge nel comunicato del Comune – “punta ad aprire il giardino verso la città, mettendolo in relazione con le attività e i servizi circostanti, attraverso la riqualificazione dei margini, la riorganizzazione degli accessi e la valorizzazione delle connessioni urbane, in particolare lungo via Andreatta e via San Leonardo. Gradini, sedute, rampe e gradoni ridisegneranno il perimetro del giardino per renderlo più accessibile, vivibile e connesso al tessuto urbano, trasformandolo in uno spazio di relazione e incontro per residenti, studenti e cittadini.”

«Nel patto di collaborazione leggiamo che grazie a questa riqualificazione i cittadini si riapproprieranno dello spazio, ma è abbastanza paradossale visto che quello è già uno spazio dei cittadini ed è più probabile che avvenga proprio il contrario. Ma la cosa che ci lascia più sconvolte e sconvolti, oltre all’abbattimento dei tre allori che sono tutelati, è la volontà di rinunciare a un alloggio popolare per farne un ristorante. E sono due i motivi per cui ci opponiamo: sia perché l’idea di spostare la famiglia che ci vive è irrispettosa visto che non sono dei pacchi, sia perché in un momento di grave crisi abitativa, alimentata da un turismo sempre più invadente che mangia la città e la trasforma in un menù per visitatori, si decide di togliere una casa popolare per fare spazio all’ennesimo ristorante. È una scelta miope e violenta. Ma sicuramente economicamente fruttifera, almeno per qualcuno.»

Per queste ragioni il Comitato sta organizzando un evento pubblico aperto alla cittadinanza che verrà comunicato a breve.

«Quello che chiediamo – conclude Valeria – è innanzitutto che venga ritirato immediatamente questo progetto e che si apra un tavolo pubblico con le realtà del quartiere, quindi con chi effettivamente utilizza lo spazio. E poi, soprattutto, che venga tutelata la funzione pubblica di questo luogo ma anche ecologica e sociale.»