Certo che pensarvi ora a sudare a 40 gradi all’ombra sembra anacronistico, inteporiti dall’idea delle feste e perseguitati dal fantasma di Mariah Carrey e Michael Bublé. L’occasione che giustifica questo salto cronologico è l’annuncio di una parte della line up per l’edizione 2020 del Kappa Futur Festival, che gli organizzatori ci regalano puntuali per Natale.
Visualizzatevi perciò a Torino, in quello che sicuramente è uno dei festival migliori d’Italia (forse l’unico?) di questo genere (leggasi elettronica e mani al cielo), capace di tener testa ai mostri sacri della categoria e con il merito di essere cresciuto di anno in anno. Al Kappa vi consiglierei di andare a prescindere da questo articolo, dagli ospiti che arriveranno il prossimo 4 e 5 luglio al Parco Dora, dalla location, e dagli studi di antropologia che con ironia qui si possono condurre. Al netto delle prese per il culo di gruppi Facebook (che amiamo) che continuano a dipengerlo come casa d’elezione di zarri d’ogni genere, e come culla di quel clubbing ignorante e verace, il Kappa convince e piace perché coerente, impeccabile nella struttura e democratico nello spirito.
Io, per esempio, curiosa e sicuramente sensibile agli appuntamenti di questo genere, ho affrontato una cappa incredibile per capire di cosa stessimo parlando all’ultima edizione del KFF. Due date per due line up che si parlano sotto la bandiera di quella techno che vira – molto bene – verso i territori house. Bandiere da ogni parte del mondo (gli organizzatori confermano che i partecipanti della scorsa edizione – 60 mila – siano arrivati da 80 paesi diversi) divise per i quattro stage del Parco Dora. Che la location sia incredibile non ve lo devo dire io, in una dimensione a metà tra un episodio di Final Fantasy e i rimaneggiamenti post apocalittici steampunk.
Ho amato, nell’ordine: le falangi di clubber inglesi – colorate, compatte e prese bene -, la timetable serratissima, che ti fa maledire il fatto che non si è ubiqui, il set di Ricardo Villalobos alle 4 del pomeriggio, la polvere che mi ha fatto mangiare Nina Kraviz e Amelie Lens, la chiusura dei Red Axes. Senza menzionare la performance dell’olandese San Proper, con cui divento amica per strani motivi. Richie Hawtin, Modeselektor, Luciano, Enrico Sangiuliano, Seth Troxler, tra gli altri, a concludere l’ultima giornata del KFF. Unica pecca: aver perso la giornata precedente, più marcatamente tech house.
Si rimedia nel 2020, con l’annuncio dei primi nomi che lo andranno a popolare. Molte le conferme e qualche curiosa novità. Presente la Solid Groove con Michael Bibi e Dennis Cruz, spalleggiati dai colleghi di genere Anotr e Pawsa, immancabile il b2b targato Circoloco con Jamie Jones e The Martinez Brothers, e chiusura assicurata con Carl Cox. Presente The Black Madonna, Motor City Drum Ensemble, l’immortale Danny Tenaglia e, sorpresa, arriva il produttore e rapper Diplo che apre interrogativi sulla futura strada che questo festival può intraprendere.
Quello che è certo è che sarò sicuramente lì, confusa tra polvere, sudore e bpm. Il Kappa è il festival dei grandi colossi in consolle, dei grandi numeri e delle performance da capogiro. Brava Torino e bravi tutti perché per una volta non dobbiamo fuggire lontano per sentirci in un altro mondo.