Dopo aver indagato alcuni meccanismi opachi che caratterizzano una parte del settore della ristorazione bolognese con i due episodi de La febbre del cibo, l’associazione antimafia Libera Bologna è tornata con una nuova video-inchiesta che declina lo sguardo sulla rete di relazioni pericolose che talvolta caratterizzano soggetti considerati dal contesto sociale come normali e rispettabili operatori economici.
Una storia italiana. Affari di famiglia sull’asse Calabria-Emilia, presentato dagli autori Andrea Giagnorio e Sofia Nardacchione all’ultimo festival F.I.LI. e disponible online, traccia la storia di una famiglia di imprenditori originari della Calabria che hanno spostato i loro affari a Bologna concentrandosi sui due business principali legati al turismo: la ristorazione e il settore ricettivo.
È una storia che si porta dietro relazioni con la ‘ndrangheta, in particolare con il potente clan dei Piromalli, la cui presenza in città è stata confermata a più riprese dalle inchieste della magistratura e in più settori, dall’edilizia ai parcheggi fino, appunto, alla ristorazione con attività connesse al riciclaggio di denaro sporco.
Tra i personaggi citati, ritorna anche la figura di Ohmar Mohamed, l’imprenditore bolognese a cui alcuni mesi fa sono state sequestrate diverse società attive in città tra cui la pizzeria Pizzartist nel Parco DLF e i ristoranti Sforno e Crudo in via San Mamolo.
L’inchiesta indaga gli incontri e le connessioni, andando oltre il piano giudiziario per adempiere a una delle principali missioni del giornalismo: porre domande.
Nonostante, infatti, la famiglia in questione non abbia mai ricevuto condanne definitive per reati mafiosi, il punto di vista è un altro: le nostre città sono popolate da imprenditori incensurati che si portano dietro molte zone d’ombra, ma – si chiedono gli autori – cosa comportano i loro legami? E quali sono gli effetti nel tessuto economico?
Per donare e per sostenere il lavoro d’inchiesta di Libera Bologna: https://cause.lundadonate.org/liberabologna/sostieniliberaperunabolognasenzamafieeingiustizie