Quando si parla di lettura e lettori/lettrici quasi sempre si fa riferimento alla quantità come criterio per valutarne il comportamento. Siamo abituati ormai alle indagini che raccontano di un Paese che non legge e che inquadra come “lettore forte” chi – secondo l’ISTAT – legge almeno 12 libri all’anno. La realtà però è, ovviamente, molto più complessa di quello che raccontano i numeri o i dati delle case editrici, librerie, biblioteche ecc. Proprio immaginando che la quantità possa non essere l’unico criterio di osservazione e valutazione, nei mesi scorsi era stato diffuso un questionario parte di un’indagine chiamata Non leggere qui! promossa dal Settore Biblioteche e Welfare culturale del Comune di Bologna/Patto per la lettura di Bologna. Le domande erano diverse dalle solite e cercavano risposte su argomenti come piacere, attenzione, distrazioni, magie e fenomeni inattesi o, in altre parole, sulla quotidianità in cui la lettura si inserisce, come se non esistesse genere, librerie frequentate, numero di libri letti in un anno…
Obiettivo: sfatare alcuni miti e decostruire alcuni stereotipi, come per esempio “leggere significa solo leggere libri”, “leggere fa bene”, “leggere è un dovere”, “leggere rende migliori” e così via, per costruire strategie più efficaci di promozione alla lettura.
Dal percorso, realizzato insieme a Kilowatt, e co-finanziato dall’Unione europea, è apparso chiaro che leggere è prima di tutto “uno spazio e un tempo per stare con sé stessi, essere altrove ed esporsi all’inatteso […] permettendoci di adottare punti di vista altri e altrui“.
Ed “esporsi all’inatteso” non vuol dire solo stare davanti a un libro: “l’esperienza della cultura (non il suo consumo fuggevole) – ad esempio – con la sua capacità di permanere a distanza di tempo, ma anche di svincolare ciò che è utile da ciò che è produttivo, può diventare la chiave di accesso all’inatteso, al piacere del molteplice”, così come anche una conversazione interessante con qualcuno/a di cui si ha fiducia.
Insomma, non esistono solo lettori/lettrici, ma soprattutto “lettriplici” che “abbracciano il molteplice, sfuggono agli stereotipi, non temono l’inatteso e resistono alla fagocitazione della propria attenzione”.
Qui il sito dedicato che ha cercato di riportare tutti i risultati nel dettaglio, offrendo i vari punti di osservazione che la natura prismatica dell’ecosfera della lettura consente.