La pandemia trasforma in un’edizione d’emergenza Futuro Fantastico, il cinquantennale di Santarcangelo Festival 2020: “decidiamo di non annullare né posticipare ma dilatare il Festival – scrivono i Motus, confermati alla direzione artistica anche per il 2021 -, con una prima azione estiva per tornare ad abitare lo spazio pubblico: un progetto pilota che parte dalle norme di distanziazione per inventare altre modalità di stare insieme, a un metro (o più) di distanza.
Sarà un Festival – continuano abitato soprattutto da artiste e artisti italiani, occasione imprescindibile per spostare il fuoco sul nostro paesaggio teatrale martoriato dal lockdown e dalle discrepanze dei sussidi”.
Tre atti quindi: il primo dal 15 al 19 di luglio 2020 occuperà come e quanto possibile lo spazio pubblico, invitando gli artisti coinvolti a ripensare le proprie opere in funzione delle nuove modalità di fruizione; il secondo atto nell’inverno 2020/’21 negli spazi del rinnovato Teatro Il Lavatoio (i cui lavori di ristrutturazione è previsto si concludano entro fine luglio) e ospiterà le nuove creazioni in maggior parte di registe e coreografe italiane emergenti; il terzo atto a luglio 2021, momento nel quale il Festival potrà recuperare la propria dimensione internazionale e invitare a Santarcangelo alcune delle più interessanti creazioni del panorama mondiale delle performing arts.
“Chi pensa che un festival sia un orpello o lusso o puro intrattenimento non necessario in tempi di crisi, commette un errore immane, verso sé stesso e verso le generazioni a venire”
“Tutto il Festival – si legge – sarà atto performativo, un set cinematografico esploso, dove cittadini e cittadine, performer, tecnici, cuochi, negozianti, amministratori… saranno attori di un gigante film post- apocalittico: a Santarcangelo si può, immaginando la Piazza, lo Sferisterio, il parco di Imbosco come nuovi palcoscenici naturali. Con la casa di produzione cinematografica Dugong pensiamo a una debita documentazione di questa performance collettiva di cinque giorni. Data l’unicità dell’intero processo di ripensamento del Festival sarà un documentario sulla capacità adattiva dell’immaginazione”.
“Chi pensa che un festival – aggiungono – sia un orpello o lusso o puro intrattenimento non necessario in tempi di crisi, commette un errore immane, verso sé stesso e verso le generazioni a venire. Occorre rilanciare e non rinunciare: un festival può anche essere bacino catalizzatore di risorse economiche per sostenere aree più fragili del sociale, e in questa edizione sarà una delle principali finalità.
Un festival è anche una festa e un rito sensuale e comunitario, che immunizza dalle paure e facilita le relazioni inceppate dal tempo, un festival produce ossigeno, e accende fuochi immaginativi ed emozionali, è catartico e costruttivo”.