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Sugli “untori” di Piazza San Francesco

quartiere Porto

Written by Marco Palma il 14 July 2020
Aggiornato il 28 July 2020

“Questo irresponsabile atteggiamento – ha scritto Virginio Merola riferendosi ai giovani che si incontrano a Piazza San Francesco – e, quanto meno, la totale assenza di rispetto per gli altri, mi inducono ad assumere provvedimenti drastici a tutela di tutti”. 

Che nell’estate della pandemia sia indispensabile cercare forme per prevenire il contagio, è un fatto confermato dai tanti focolai di infezione che scoppiano settimanalmente, in particolare nei luoghi di lavoro. D’altra parte, è stata la stessa politica, consapevole dell’insostenibilità sociale di una quarantena infinita, ad aver lastricato, con dehors allargati e dichiarazioni pubbliche, la strada del ritorno a una quotidianità fatta anche di incontri, aggregazione e socialità.

La pandemia porta con sé il bisogno di distanziamento fisico, e più di qualcuno ha segnalato l’urgenza di non trasformare questa necessità in distanziamento sociale. Tuttavia, chi amministra ha il dovere di trovare soluzioni e non di indicare sulla gogna dei social network potenziali – e spesso arbitrari – untori.

Il Comune di Bologna è stato molto veloce nell’individuare gli strumenti per supportare le attività commerciali, allargando gratuitamente i plateatici, ma non ha ancora fatto nulla per aumentare gli spazi cittadini destinati all’aggregazione e alla socialità in sicurezza. In queste settimane, non un metro quadro dei nostri quartieri è stato sottratto al traffico automobilistico per essere restituito agli abitanti. Eppure, sollecitazioni in questo senso sono arrivate da più parti, con la proposta di dare spazio e priorità alle persone (tipo questa), cercando al contempo di fare di questo periodo pandemico un laboratorio nel quale sperimentare una città più vivibile. Una scelta che, tra l’altro, avrebbe avuto anche il merito di comunicare con efficacia che non siamo fuori dalla pandemia, ma che il rispetto delle distanze è fondamentale e proprio per questo il tessuto urbano cambia in emergenza e allarga le aree pedonali mettendo le persone – e non le auto – al centro della vita cittadina.

Quei giovani a cui, secondo l’assessore Claudio Mazzanti, bisogna far capire “con le buone o con le cattive” come ci si comporta per contenere la pandemia, sono gli stessi che hanno permesso alla nostra comunità di tutelare migliaia di anziani rinunciando per mesi alla scuola, allo sport, al tempo libero: in una parola, alla loro giovinezza. Meritano, oggi, un’amministrazione che faccia di tutto per farli sentire cittadini e non untori e che cerchi soluzioni per permettere agli abitanti di questa città di tornare a vivere in serenità i luoghi di incontro.

Dare spazio, moltiplicare le piazze e pedonalizzare le strade, permettere alle persone di vivere questa estate pandemica in sicurezza: sono, queste, scelte sensate per le quali basterebbero un’ordinanza e poche transenne. Finora, invece, si è preferito puntare il dito sui social-network alla ricerca del capro espiatorio, e lasciare la città com’era prima della pandemia, senza adottare azioni emergenziali per aumentare i metri quadrati destinati al nostro stare insieme, col paradosso che, invece di aprire nuovi spazi, il Sindaco è arrivato a ordinare la chiusura di Piazza San Francesco.

Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.