Giro turistico senza guida è il titolo dell’episodio dedicato a Venezia che Susan Sontag gira per una miniserie prodotta nei primi anni Ottanta dalla RAI, in cui la bella voce di Anna Nogara scandisce che «esiste un regno immaginario del quale questa città è la capitale, del quale questa città è il centro». Ecco, Venezia è proprio una città calata da un mondo immaginario e fantastico, dalla storia, da un libro, da lontano.
Qui, oggi, vogliamo raccontarvi la storia di una città che si muove più silenziosa e che forse vi porterà a sbagliare strada un paio di volte.
Una città di porto senza sembrarlo, di curiosi, di camminatori senza meta e sicuramente senza guida. Lo sappiamo, Venezia sta vivendo anni duri a causa della mancata regolamentazione del turismo, con tentativi ancora macchinosi come la registrazione obbligatoria sul sito del comune (ma non tutti i giorni). Nonostante questo, qui, oggi, vogliamo raccontarvi la storia di una città che si muove più silenziosa e che forse vi porterà a sbagliare strada un paio di volte (la vera rivoluzione di Venezia è che fa impazzire google maps in modo brutale e liberatorio). Per voi una rosa di eventi d’arte da cercare e da non perdere, per godervi una Venezia pacata, lenta, a piedi, tra campi e barchini, che si avviluppa la Biennale di Architettura (visitabile fino al 23 novembre tra Giardini e Arsenale) e fiorisce in un paesaggio culturale sempre più composito e singolare, semplice e sorprendente come il profumo dei fiori di campo intiepiditi dal sole di maggio.

La notizia della stagione è che entrambe le sorelle Fiorucci arrivano a Venezia. In un palazzo antico, ex studio di un pittore ancora da restaurare apre la Nicoletta Fiorucci Foundation. Al fascino indiscutibile di un luogo decadente e un po’ proibito, con muri scrostati, pareti di carta e tubi sventrati, si uniscono interventi efficaci e ben riusciti di diversi artisti – Ketuta Alexi-Meskhishvili, Zurab Astakhishvili, Thea Djordjadze, Heike Gallmeier, Rafik Greiss, Dylan Peirce, James Richards e Maka Sanadze – invitati dall’artista georgiana Tolia Astakhishvili To Love and Devour. Il tutto benedetto dalla curatela di Hans Ulrich Obrist. Un’opera d’arte totale, un’architettura-scultura praticabile e immersiva, l’unica volta in cui questo aggettivo ha un senso. Tanti segni, oggetti, luci e buio improvviso, disegni, ombre, film e suoni: Dorsoduro 2829, fino al 23 novembre a ingresso libero.

Polline 1 & 2
A pochi passi ma dall’altro lato del Canal Grande, in Campo Santo Stefano, trova sede La Società delle Api di Silvia Fiorucci. Il programma è ancora in fieri ma si sa che qui si incontrano design, architettura, libri, ceramiche e specchi in un connubio impensabile eppure liscio come l’olio: in questi giorni si celebra la ricerca con la Libreria dello studio 2050+ e NERO editions, prototipo in divenire nominato Polline 1&2. Lo spazio è visitabile su appuntamento.
Nello stesso palazzo, ma suonando al portone accanto, si sale al piano nobile per Barbati Gallery, avventura veneziana di Michele Barbati. Grandi sale, alti soffitti affrescati: un piccolo museo con un programma eclettico che segue il cuore e la pancia, sostenendo giovani talenti italiani quanto artisti d’oltreoceano. Nel fiorito giardino losangelino di Mimi Lauter ci porta la mostra Cultivating the landscape, visitabile fino al 7 agosto, fatta di colori vivi, stratificati e incisi a creare fini disegni sulle pennellate più morbide e larghe.
Una passeggiata per gallerie può proseguire con una visita alla nuova sede in laguna della milanese ncontemporary, dove è esposta
, oppure da Tommaso Calabro per un ripasso di Man Ray. Alberta Pane per la personale dell’artista e performer Romina De Novellis e Spazio Punch mette in mostra tre divani: si tratta di ALIEN Couch, una collaborazione tra il fashion designer Walter van Beirendonck e Artisans-X (ma tenete d’occhio il programma, perché ci sono eventi e concerti regolarmente).
Tornando in Dorsoduro, prosegue a passo di marcia l’attività della Scuola Piccole Zattere, sotto la direzione artistica di Irene Calderoni. In queste settimane a piano terra ha aperto il ristorante ABC e il cortile che si affaccia sul canale, offrendo uno ulteriore spazio di convivialità e respiro (ripensato dal gruppo Fosbury, collettivo di architetti autori del padiglione italiano alla Biennale del 2023), ma soprattutto la mostra Coeur di Gaëlle Choisne, episodio del progetto a lungo termine Temple of Love, al quale l’artista francese lavora dal 2018. La mostra è un corpo, ogni stanza un chakra, ogni installazione un conglomerato di vita indescrivibile in poche righe. C’è l’amore, il colonialismo, il caffè, la schiavitù e le migrazioni, Haiti, Venezia, la ceramica e i film, le perline e le sigarette: è una mostra da vivere, annusare, guardare, approfondire.
È ora di passare in rassegna le fondazioni private che da anni lavorano alla tessitura di un solido, quotidiano, panorama di arte contemporanea in senso lato. Bisogna ricordare, per esempio, che la Fondazione Pinault oltre alle mostre – attualmente in corso due belle antologiche che celebrano Tatiana Trouvé e Thomas Schutte – offre alla città e ai suoi abitanti un curato e ricco anche il programma culturale del Teatrino di Palazzo Grassi. Via libera, dunque, a parole, musica, incontri e performances. Nei mesi passati si è insediata Daniela Collu, nuova direttrice della Fondazione Querini Stampalia, per cui ha presto curato una bella mostra dedicata all’artista concettuale statunitense John Baldessarri indagando il suo rapporto con la fotografia: No Stone Unturned – Conceptual Photography, visitabile fino al 23 novembre. Fondazione AMA, casa museo del collezionista Laurent Asscher di recente apertura, presenta in questi mesi una mostra costruita con opere dalla collezione che offrono esempi delle diverse possibilità esplorate da quegli artisti che usano la pittura, pure demistificandone la concezione aulica, l’idea di un talento artigianale che garantisce l’autorialità. È aperta fino al 29 giugno con ingresso libero. Ultima ma non ultima fondazione veneziana, Prada colpisce ancora il bersaglio con Diagrams, mostra che solleva domande che non sapevamo di avere: come diamo corpo fisico, colori e immagine a dati, numeri, statistiche? Come queste visualizzazioni cambiano negli anni o nelle diverse culture? Come i dati e le statistiche determinano la nostra visione del mondo? Colate di lava intorno al Vesuvio sembrano un dipinto astratto di primo Novecento, raffigurazioni del corpo umano più fantasiose di un romanzo di Tolkien, ampie aree di colori rossi e neri per dimostrare l’integrazione degli afroamericani nella società statunitense in vista dell’Esposizione Universale.