C’è un “capannone” sulla via Emilia, a San Lazzaro, progettato nel 1960 dagli architetti e designer Achille e Pier Giacomo Castiglioni per il designer bolognese Dino Gavina con un interesse per l’architettura rurale dei fienili e delle fattorie tipica del paesaggio emiliano. Tre piani che per decenni hanno ospitato alcuni dei più grandi designer e artisti internazionali: da Lucio Fontana a Man Ray, da Carlo Scarpa a Marcel Duchamp. Lì dentro aprirà venerdì 20 aprile 2018 alle h 18.30 (inaugurazione su invito) la Fondazione Massimo e Sonia Cirulli, la nuova istituzione privata dei due collezionisti che negli anni 80 emigrarono negli Stati Uniti e lì iniziarono a comperare arte con un solo scopo: ricreare lo zeitgeist del ventesimo secolo italiano coniugando le diverse forme d’arte. Migliaia di opere tra manifesti pubblicitari d’epoca, dipinti, sculture, fotografie e fotocollage, disegni artistici e disegni progettuali che verranno di volta in volta esposti in questo nuovo luogo di “cultura materiale” dove – come afferma Marco Sammicheli, membro del Comitato Scientifico internazionale – “la pittura, il design, la grafica non avranno timore di confrontarsi con la scultura, l’architettura e le discipline del ‘900 senza alcuna nostalgia, ma con la volontà di aprirsi agli artisti contemporanei”.
Si parte con la mostra Universo Futurista (fino al 18 novembre 2018), a cura di Jeffrey T. Schnapp e Silvia Evangelisti, focalizzata sul nucleo della collezione dedicato a questo periodo storico (1909 -1939) e ponendo l’accento su tematiche centrali dell’estetica futurista come l’inno alla vitalità creativa, alla giocosità e alla fantasia. Oltre 200 opere realizzate in diversi materiali, forme e misure create da artisti quali Balla, Boccioni, Bonzagni, Bucci, Casarini, Chiattone, D’Albisola, Depero, Diulgheroff, Guerrini, Korompay, Licini, Marchi, Marinetti, Masoero, Munari, Prampolini, Russolo, Schawinsky, Sant’Elia, Sironi, Tato, Thayaht.
Ad accogliere il visitatore all’ingresso dell’edificio una scultura di Takahama, un grande trasformatore in ceramica e ferro realizzato per la Triennale di Milano del ’56 e acquistata da Gavina; sulla porta d’ingresso una frase di Walter Gropius: Forse l’Italia è destinata a chiarire su quali fattori della vita moderna dobbiamo fondarci, per recuperare il perduto senso della bellezza e promuovere, nell’era industrializzata, una nuova unità culturale.
Scritto da Salvatore Papa