L’idea si muove a tempo, diceva DeeMo. Tony Allen ne è ancora la dimostrazione vivente più radicale. Da oltre mezzo secolo sulla breccia, più rivoluzioni di quanto una mente umana possa concepire, mai in pilota automatico, mai fermo; il mondo un posto troppo piccolo per contenere la forza della sua visione. Sempre sul pezzo, comunque già al livello successivo, è per la batteria quel che Leonardo da Vinci è stato per il Rinascimento. Dalla carta d’identità potrebbe essere nostro nonno, con le bacchette in mano mette a sedere chiunque in qualsiasi giorno della settimana. Riassumerne la carriera, renderne a parole l’importanza, come pretendere di spiegare a un cieco dalla nascita cosa sia il blu.
TONY ALLEN IN CINQUE MOSSE
Fela Kuti – Roforofo Fight (1972)
Il motore della macchina da guerra Africa 70. Senza Allen ai controlli probabilmente l’afrobeat non sarebbe mai esistito, non come lo conosciamo. Il mondo sarebbe stato un posto molto più triste.
The Good, The Bad & The Queen – Herculean (2007)
Damon Albarn la mente, Tony Allen il braccio armato. Un concept che è una vertigine dentro cui perdersi è garantito.
Tony Allen – Kilode (2007)
Un viaggio nelle radici del ritmo usando l’elettronica come corsia preferenziale, come riscrivere la storia passando per il dancefloor. E il viaggio prosegue (vedi sotto).
Theo Parrish/Tony Allen – Feel loved (2013)
Questa è seria. Il negus del funk detroitiano incontra lo stregone del ritmo per un matrimonio in Paradiso. Si vola altissimo.
Tony Allen – Moving on
La traccia che apre l’ultimo disco (…finora). Come a dire che tutto quel che è venuto prima non è che l’inizio.
Scritto da Matteo Cortesi