Da più di dieci anni si fa cantastorie del territorio, mostrandolo all’umano, e cantastorie dell’umano, mostrandolo al territorio. Ne risulta un locus amoenus in cui, come spesso accade, è l’arte il medium del rituale. Anche quest’anno, il granito bianco della cava di Oira diventa un luogo metafisico dalle barriere indefinite. Dalla foschia grigia di una Detroit impersonificata dal padre spirituale della techno Robert Hood, a una San Paulo che freme e si dimena con Cashu; dal salto nell’etere con Alessandro Cortini, alla caduta in purgatorio con i live audiovisivi di Khompa, Cosimo Damiano e Lanark Artefax. E dunque Aisha Devi e Marie Davidson, sirene al fianco di Scilla e Cariddi, e gli scenari clubbing di DJ Taxxi, Luce Clandestina, e del b2b di Objekt e CCL. Come se tutto ciò non fosse già abbastanza, le gole/canyon degli Orridi di Uriezzo fungeranno da perfetta cassa armonica per la performance della violoncellista Lucy Railton, nella giornata inaugurale del festival.
Scritto da Pietro Pascolini