Perla Pollina: sembrerebbe il nome di una rara pietra preziosa rinvenuta da qualche relitto marino o di una fantasiosa imprecazione. Invece, la combinazione delle due bizzarre parole, è il titolo che Roberto Cuoghi, reduce dall’esperienza della 57ima Biennale di Venezia, ha voluto dare alla sua retrospettiva di metà carriera al museo Madre. La scelta del nome è bislacca quanto attuale: deriva dall’azione (erronea) di un programma di correzione e trova una certa coerenza considerando il percorso di Cuoghi. Non che l’artista si sia affidato completamente al caso nel corso della sua carriera, anzi la sua ricerca è più che mai spasmodica, ma sicuramente c’è nei suoi lavori un’incognita indeterminata e imprevedibile. La mostra, ideata da Andrea Bellini, comprende circa 70 opere raccolte in cicli presentati come mondi a sé stanti: dalla sua irriverente serie di ritratti di artisti, critici, collezionisti e curatori rappresentati come mutilati o contusi alle opere-diario che raccontano dell’esperimento nel quale si fece crescere le unghie per 11 mesi per auto-limitare i propri movimenti, l’artista mette in mostra il suo lessico personale fatto di simboli e simulacri, di memoria, di metamorfosi.