C’è un po’ l’impressione che Ossatura faccia fatica a imprigionare la sua mobilità estrema in un oggetto come il disco. Potremmo affermare come questo, paradossalmente, nasca dalle registrazioni effettuate quasi per caso e rappresenti solo un punto X all’interno di un processo in costante divenire.
(Ossatura, 2002)
Ossatura fase tre parte da Maps and Mazes, uscito nel 2016 per la RēR del vecchio amico Chris Cutler, puro pretesto (tre dischi in oltre vent’anni), solo un documento per fermare una parte del processo in costante mutamento di cui l’esibizione di questa sera è l’ennesimo tassello.
Nel nome la ragione stessa del progetto: uno scheletro a sorreggere una forma in continua evoluzione, senza barriere né confini. Sperimentazione al tempo stesso colta e viscerale, brutale e trascendente, un ponte tra Roma, Napoli, Sheffield ai tempi di resoconti annuali e classici Jazz Funk, Lou Reed in Metal Machine Music fattanza, il tutto rielaborato in un magma dove coesistono elettronica analogica e strumenti elettrificati – computer, fisarmonica, pianoforte, elettronica, batteria, oggetti: i ferri del mestiere – e suona come niente abbiate mai sentito e sentirete mai.
Scritto da Matteo Cortesi