Ci sono artisti che hanno scandagliato la natura sociale delle cose indicando punti di vista sempre diversi, spesso aprendo nuove prospettive e tematiche. Susan Hiller (1940, Florida. Vive e lavora a Londra) è una di loro. Dopo la straordinaria coreografia performativa ongoing di Tino Sehgal, curata da Luca Cerizza e durata più di un mese all’interno dello spazio immenso di OGR, il nuovo ospite nelle ex officine è proprio la storica artista americana, invitata da Barbara Casavecchia che cura la mostra Social Facts (Fatti sociali). Si tratta dunque di un ospite prezioso che, già dal titolo, mette in chiaro alcune premesse che hanno da sempre fatto parte della sua ricerca artistica: l’interesse e il dialogo sull’artefatto come prodotto creato dall’uomo seguendo regole imposte dalla società. Da questo spunto, dall’archeologia dell’oggetto d’arte, la Hiller ha elaborato “sogni e memorie, telepatia, scritture automatiche, canzoni di protesta, lingue scomparse, esperienze soprannaturali o visionarie, avvistamenti di oggetti volanti non identificati” all’interno dei suoi progetti, dove ha realizzato e utilizzato diversi media: video, fotografia, cartoline trovate in qualche luogo interessante, dipinti, dialoghi e riflessioni scritte, installazioni e tracce scultoree. Hiller rielabora frammenti abbandonati sul campo attraverso uno studio accurato e aperture a nuove tematiche. Dalla morte al silenzio, dagli UFO all’inconscio umano, dalla psicologia di massa al prodotto singolo, fino a parlare delle nuove tecnologie e della potenzialità – e potere – del web, visto come un grande archivio di informazioni e scambi.
“Ciò che m’interessa è invisibile. Non in senso letterale, ma perché nessuno vi presta attenzione e di conseguenza non si vede”, racconta Susan Hiller, che in Italia ha esposto al Castello di Rivoli nel 2006 e presso la Fondazione Ratti nel 2011, stesso anno della personale alla Tate a Londra. Da OGR ci sarà una selezione di opere anche recenti, e un dialogo tra curatrice e artista che ripercorrerà quei pensieri e quelle riflessioni sviluppate in quasi cinquant’anni di carriera.