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ven 23.11 2018 – sab 01.12 2018

36° Torino Film Festival

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venerdì 23 novembre 2018 – sabato 01 dicembre 2018

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Dei giorni della passata edizione, sul cui manifesto rifulgevano gli occhi di Kim Novak e del suo gatto Cagliostro, restano in me pochi rimbombi. Tolto De Palma, tolta una personale – quanto fugace – apparizione su Cinematografo (passata in notturna su Rai Movie), e tralasciando anche le sferzate di nervoso accumulate dentro alla sala stampa durante le proiezioni, causa luci dei telefoni di chi stava su WhatsApp invece che concentrarsi sul grosso schermo, dei film visti non mi è rimasto sinceramente granché (mi sovviene ora un flashback di una ciofeca francese low-budget che faceva il verso a Walking Dead). Ricordo, sì, qualche valida, quando non validissima anteprima: Seven Sisters, con una vigorosa Noomi Rapace; Darkest Hour, con un corpulento, colossale Gary Oldman (per cui avevo correttamente predetto l’Oscar), ma anche The Disaster Artist, del sempre indaffarato James Franco, che oggi mi sento di elogiare per l’ottima serie The Deuce.
Mentre all’interno di questa 36esima edizione, sollevandomi dal disturbare quel recente passato, troviamo un ennesimo film bizzarro e malato di Sion Sono. No, non è vero. O meglio: boh, dato che la programmazione non è mai consultabile in anteprima. Il solito annuale salto nel buio a cui tuttavia viene difficile rinunciare, a dispetto del costo di un accredito stampa ormai al limite.

Tutto ciò che ci è dato di sapere è che la retrospettiva 2018 è intitolata a Michael Powell ed Emeric Pressburger e ai venti film che i due realizzarono insieme (più altra roba del solo Powell, come il classico del thrilling psico-metacinematografico Peeping Tom, del ’60).
Parallelamente, verrà proposto tutto il lavoro del cineasta francese Jean Eustache, sorta di “fratello minore” della Nouvelle Vague. Allo scomparso Ermanno Olmi è invece dedicata un’intera giornata del festival, mentre per la chiusura si è preferito il docu-film Santiago, Italia di Nanni “un comunista così” Moretti, incentrato sul ruolo che fu dall’ambasciata italiana in merito alla questione della fuga di centinaia di oppositori del regime cileno. Come dimenticarsi, a proposito, del Nanni Direttore del TFF, la cui presenza servì soprattutto a dare un bello scossone alla manifestazione in termini di affluenza di pubblico (erano gli anni 2007-2008).

A rappresentare questa edizione, in ogni caso, è ancora il volto di una personalità femminile, quello di Rita Hayworth. Un’immagine, quella scelta per tributarne i cent’anni dalla nascita, che va a contrapporsi alla di lei figura della dark lady Gilda che si impose alla memoria collettiva e in cui Margarita Carmen Cansino, questo il vero nome dell’attrice, appare nelle vesti della “ballerina vitale” Rita di Non Sei Mai Stata Così Bella: “La ragazza che sapeva essere una commediante, più che un’icona sexy, la cui foto fu appiccicata sulla bomba sganciata sull’Atollo Bikini”, spiega il direttore artistico Emanuela Martini, così per rimanere in tema col pensiero radical-riot-femminista corrente sorto in coda a questi ultimi anni di alienazione digitale.

Scritto da Simöne Gall