E fu così che l’insigne direttrice Martini finì per abdicare. L’ospitale signora dalla capigliatura multicolore, che tanto sapeva allietare il pubblico prima delle proiezioni, con quella sua voce un po’ bitumata, ha avuto il merito, nel bene e nel male, di trainare con dignità il festival fino alla edizione 2019 (che, so far, per dirla all’inglese, resta forse la più mediocre sul versante contenutistico). La posizione che fu della Martini è ora ricoperta dal manager culturale Stefano Francia di Celle, già collaboratore del TFF, il quale ci tiene immediatamente a precisare che la trentottesima edizione della “kermesse” si presenta ora rinnovata sia nella struttura, quanto nella fruizione: oltre al normale programma di sala vi sarà quello online, con la possibilità (ridotta a 500 posti) di visionare tutti i film in concorso. Film di cui, come al solito, non vengono rivelate anticipazioni. Come “evento speciale” si segnala The Truffle Hunters, di Michael Dweck e Gregory Kershaw, con la produzione esecutiva del regista radical chic Luca Guadagnino e della sua Frenesy Film Company. Già passato dal Sundance Film Festival lo scorso gennaio, il documentario verte sulle vicissitudini di alcuni anziani ricercatori del noto tartufo d’Alba, con al centro il rapporto fra i medesimi, i loro cani ausiliari e il territorio circostante; un progetto visivo sostenuto dalla Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba e insieme dall’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero.
Questa volta, fa sapere Francia di Celle, “l’obiettivo è di declinare i contenuti del festival anche in luoghi insoliti, coinvolgendo interlocutori e pubblici nuovi, alla riscoperta di quello che Torino può dare”. Sia grazie all’applicazione della tecnologia digitale che a una capillarizzazione delle proposte sul territorio, il festival raggiungerà più punti della città, ampliando il suo impatto con un percorso di dodici tappe a evocare le dodici punte della stella della Mole, dodecaedro scelto come protagonista della nuova identità visiva della manifestazione. Insieme ai consueti cinema Massimo, Ambrosio e Classico, TFF varcherà il Teatro Monterosa, i cineteatri Agnelli e Baretti, la sede della Film Commission e pure location più insolite quali il Museo del Risorgimento e l’Accademia Albertina di Belle Arti.
Oltre al documentario di Steve Della Casa, Zona Franca (in omaggio a Franca Valeri), già annunciato in agosto, una novità è quella delle masterclass, affidate a protagonisti e autori del cinema contemporaneo e internazionale (è confermato, tra una Sandrelli e un Occhipinti, anche Aleksandr Sokurov). Per la prima volta, inoltre, la giuria del TFF si presenterà nella sua interezza in quota rosa. Una scelta, fanno sapere i vertici, che va ricercata nell’insufficiente presenza femminile “al Festival della Bellezza di Verona, così come in diverse commissioni politiche e amministrative degli ultimi mesi”.
Sarà perché mi è capitato di rivedere in toto la serie, ma qui mi torna in mente l’ultima stagione di House Of Cards, la numero 6 (una delusione unanime, purtroppo, per i fan), in cui Claire, rimasta vedova del marito Frank Underwood, decide di far fuori in blocco la sua amministrazione istituendone una nuova composta di sole donne. Speriamo solo, al di là del sottile dileggio (meglio specificarlo, non si sa mai, in tempi di furore censorio), delle tante parole e di chi andrà a comporre la giuria (che sarà formata – ne siamo certi – da persone competenti), che questa stagione del Torino Film Festival non finisca per disilluderci come già aveva fatto l’oltraggiata serie di Netflix.
Scritto da Simone Gall