C’è chi ha coniato la definizione di “Antropocene“, per descrivere la nostra era. Troppo buoni, “Plasti-schifocene” dovevano chiamarla: sarà infatti la plastica, con i suoi sedimenti ubiqui, a sottolineare l’era geologica legata all’intervento umano. A Venezia, un contesto che più di altri si confronta con i temi ambientali, c’è una galleria on the road che ha deciso di lanciare un messaggio forte proprio su questi temi: dal 27 novembre al 28 febbraio lo spazio D3082 espone infatti le foto di Mandy Barker, artista che lavora a stretto contatto con scienziati e ricercatori. Nelle sue immagini Barker, testimonia, estetizzandolo, il viaggio innaturale dei rifiuti plastici marini, genera scenari visionari che documentano l’invasione dei detriti negli oceani. Le foto in mostra, in formato maxi, a prima vista risultano armoniose, simmetriche, colorate: diventano però inquietanti una volta messa a fuoco la tematica.
I resti di reti da pesca e i filamenti plastici sostituiscono – con una naturalezza solo apparente – la vita degli oceani, sembrano quasi assumere la forma di fluttuanti meduse, ricordano composizioni botaniche e floreali. In realtà, come ben sappiamo, questi elementi rischiano di rappresentare una sentenza di morte per la flora e la fauna dei mari. Il progetto espositivo ricollega la pratica artistica di Mandy Barker, al progetto di ricerca marGnet coordinato dall’istituto di ricerca CNR – Istituto di Scienze Marine di Venezia, e sviluppato in collaborazione con Laguna Project, Blue World Institute, Sintol S.r.l., Techeprojects S.r.l.s. Questo progetto, cofinanziato dal Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca, si occupa di mappare, recuperare e riconvertire i rifiuti plastici presenti nei nostri mari, in particolare le reti da pesca, un detrito di difficile trattamento, molto pervasivo e pericoloso per gli organismi.
Come testimoniato dalle immagini e confermato dalla ricerca del Cnr, gli attrezzi da pesca abbandonati, persi accidentalmente o deliberatamente gettati in mare dai pescatori, rappresentano un’alta percentuale tra i detriti plastici presenti nei fondali. Dal 2019 sono stati monitorati due siti pilota nell’Adriatico settentrionale: nella Laguna di Venezia e nell’arcipelago di Cres e Lošinj in Croazia. Ricerca scientifica e linguaggio artistico condividono in questo caso un unico messaggio: l’invito ad una presa di coscienza e a un’azione collettiva, per la risoluzione di una problematica urgente e non più procrastinabile. In linea con questi obiettivi l’allestimento della mostra è interamente realizzato con materiali ecosostenibili.
Scritto da Fulvio J. Solinas