Dopo i primi venti, cinquanta, duecento concerti visti nella vita, quanti live possono ancora definirsi un’esperienza senza mentire a sé stessi, senza facili entusiasmi, semplicemente perché è così? Un live di Diamanda Galas era, è, continua a essere un’esperienza, impossibile da tradurre a parole, di quelle da cui si esce diversi da come si era entrati, per cui esiste un prima e un dopo. Da sempre piano, voce, effetti; la differenza sta tutta nel come. Nessuno è riuscito a materializzare con la sola forza delle corde vocali i più profondi e insondabili abissi dell’inferno, non esiste al mondo una voce anche solo lontanamente paragonabile; lo sa bene chi ha già assistito, lo scoprirà chi sceglierà di non distogliere lo sguardo per la prima volta. Lo spettacolo porta il nome di una poesia di Cesare Pavese che il cuore lo riduce a brandelli riga dopo riga; viene preceduto mercoledì 9 marzo dalla proiezione in loop del film “Schrei 27”, nel titolo la certezza di ulteriori sfregi (“Schrei X” il capitolo più radicale nella discografia dell’artista, il più estremo tra i più estremi); alle 20 incontro in sala con il pubblico poi si rientra nella spirale.
Scritto da Matteo Cortesi