San Valentino è comunemente associato alla celebrazione dell’amore romantico, ma la sua origine è ben diversa. Secondo la tradizione, il vescovo Valentino di Terni fu decapitato dall’imperatore Aureliano il 14 febbraio del270 d.C. per aver celebrato il matrimonio tra una cristiana e un legionario pagano. Nel 496 d.C., papa Gelasio istituì la festa degli innamorati per sostituire i Lupercalia, antichi festeggiamenti romani in onore del dio Fauno. Se la festa di San Valentino nasce quindi da una sovrapposizione di significati religiosi e culturali, oggi si è trasformata in un evento puramente commerciale, svuotato di ogni reale profondità. Il culto dell’amore romantico è divenuto un prodotto di consumo, un’industria che alimenta aspettative irrealistiche e rafforza dinamiche affettive spesso oppressive.
La mostra “Valentina” propone una riflessione critica su questi temi attraverso una selezione di fotografie di scritte murarie raccolte a Bologna negli ultimi vent’anni selezionate dall’archivio archivio Landini. Le frasi impresse sui muri, spesso percepite come semplici atti di vandalismo, emergono invece espressioni spontanee di pensieri individuali che, nel loro insieme, rivelano un sentimento collettivo di ribellione alle convenzioni amorose tradizionali.L’idea di amore che permea la cultura dominante è una costruzione sociale ed economica.Silvia Federici evidenzia come il concetto di amore romantico abbia storicamente avuto una funzione produttiva: esaltando la famiglia nucleare, ha contribuito a rafforzare disuguaglianze di genere e ruoli di dipendenza economica ed emotiva. L’amore, così idealizzato, diventa un’istituzione più che un’esperienza, un modello statico che spesso genera frustrazione e sofferenza.
Le scritte sui muri mettono a nudo queste contraddizioni. Frasi come “L’amore romantico uccide l’amore” evidenziano come l’idealizzazione soffochi l’autenticità dei sentimenti, trasformando l’amore in una gabbia di aspettative e ruoli predefiniti. La mostra invita dunque a riconsiderare l’amore non come un destino imposto, ma come un’esperienza fluida e autentica, svincolata da norme rigide e imposizioni culturali.In questo contesto, “Valentina” non è solo una mostra, ma un atto politico, sociale e culturale. Creando uno spazio di osservazione e dialogo, offre la possibilità di interrogarsi su cosa significhi davvero amare oggi, al di fuori delle narrazioni dominanti. Reimpossessarsi della festa di San Valentino significa allora recuperare un amore più vero, libero dai condizionamenti sociali, religiosi e commerciali. Significa riscoprire la possibilità di relazioni più genuine, fondate sulla libertà e sulla reciprocità, piuttosto che sul possesso e sull’idealizzazione. Attraverso le voci impresse sui muri, “Valentina” ci invita a riscrivere la nostra idea di amore, a liberarlo dalle catene della convenzione per restituirgli il significato più autentico e rivoluzionario: quello della libertà.
La mostra nasce da un’idea di Sabrina Camonchia e si inserisce in percorso di studi e ricerche artistiche e filosofiche di cui Serendippo si occupa da molti anni.
Proiezione antiromantica a cura di Serendippo, Elena Menini e Valentina Cafarotti
Letture a cura di Chiara Prodi e Anna Papa
Musica SatoR
Scritto da LR