Il Binario69 apre le porte al Bologna Jazz Festival ospitando il concerto del trio G.E.A., ovvero Cosimo Fiaschi al sax soprano, Stefano Zambon al contrabbasso e Pierluigi Foschi alla batteria. Nel loro omaggio alle musiche di Mulatu Astatke, tra afro futurismo, jazz e ipnotismi psichedelici, sarà coinvolto come ospite speciale il pianista Fabrizio Puglisi.
Quello del trio G.E.A. è un viaggio sonoro attraverso la cultura musicale africana, fonte di ispirazione per il vasto universo del jazz. Viaggio che prende la forma di un omaggio alla figura del vibrafonista etiope Mulatu Astatke, del quale vengono rielaborate alcune composizioni in una chiave attuale e profondamente evocativa. Le ipnotiche tessiture dell’ethio-jazz si materializzano attraverso improvvisazioni dalla geometria circolare, con le linee melodiche e quelle ritmiche che si rincorrono e si trasformano suscitando un sottile senso di spaesamento nell’ascoltatore occidentale.
G.E.A. è composto dal sassofonista Cosimo Fiaschi, il contrabbassista Stefano Zambon e il batterista Pierluigi Foschi, tre giovani musicisti formatisi artisticamente presso l’accademia di Siena Jazz. Il gruppo ha pubblicato il suo primo lavoro discografico nel 2024 (G.E.A. Plays the Music of Mulatu Astatke) per l’etichetta Fontessa Records.
Per l’occasione al trio si unirà Fabrizio Puglisi, uno dei massimi specialisti in Italia di questo genere musicale. Puglisi è un pianista dalla formazione in parte bolognese e in parte internazionale. È stata l’Olanda, coi suoi grandi alfieri di un jazz ben poco ortodosso, a segnare particolarmente lo stile di Puglisi, che ha assorbito l’indole jazzistica particolarmente libera di Amsterdam, città nella quale ha a lungo risieduto. Suoi compagni di palcoscenico sono stati Tristan Honsinger, Han Bennink, Ernst Glerum, Sean Bergin, Ernst Reijseger. Ma non meno significative sono le sue collaborazioni ‘intercontinentali’: Lester Bowie, Don Moye, David Murray, Hamid Drake, John Zorn, Steve Lacy, Don Byron, Butch Morris, William Parker, Kenny Wheeler, George Russell, Dave Liebman, Enrico Rava. Insomma, quanto di meglio nel campo del jazz dal profilo più modernista.
Scritto da LR