Molte storie ma nessun C’era una volta per Operae, il Festival Design Indipendente. La nuova curatrice Annalisa Rosso seleziona artigiani spogliati di qualsiasi aura fiabesca, designer coscienti e imprese innovative, e con la sua entrata si porta dietro un nuovo ingrediente: le gallerie.
In una Torino invasa dall’arte contemporanea di Artissima, Paratissima e ancora dai sound del Movement e Club To Club, i designer non restano certo in un angolo: in passato tagliati fuori dalle dinamiche di mercato, oggi volontariamente indipendenti perché indispensabili, i progettisti espongono e vengono esposti attraverso dialoghi con distributori, aziende, studenti e passanti con l’obiettivo di vendere, acquistare o semplicemente imparare. Il messaggio portato da Operae 2016 non potrebbe essere più chiaro: Designing the future, o progettare il futuro, è il fil rouge che riallaccia tradizione a tecnologia, globale a locale, materia e tecniche produttive; legami astratti ma attualizzati grazie ai dieci team di Piemonte Handmade, composti da designer emergenti nel panorama internazionale (o i progettisti), artigiani piemontesi (o i realizzatori), e le gallerie internazionali (tra cui Galleria Secondome, Great Design di Margherita Ratti, Gallery Bensimon, Camp Design Gallery o la Galleria Luisa delle Piane), insieme per sviluppare il “pezzo unico”, protagonista indiscusso del festival.
Ai posti di comando al Palazzo Cisterna di Torino gli artigiani –rappresentati in parte anche dall’Antica Università dei Minusieri di Torino- si schierano al fronte accanto a 33 designers, imprese, e gallerie, per combattere con una nuova coscienza di sé i problemi del nostro tempo: le spade che da ferro passano a laser si scontrano e danno suono alle voci disperse e non più sole del design contemporaneo. La battaglia avrà certo un premio: secondo Paola Antonelli, curatrice della sezione architettura e design del MoMA di New York, saranno presto gli stessi designer a doversi sedere al tavolo con i nostri governanti.
Scritto da Anna Pagani