Non è passato molto da che ero rimasto piacevolmente sorpreso e divertito nell’assistere ad Antropolaroid, spettacolo diretto e condotto unicamente dall’affabile figura del talentuoso teatrante siciliano Tindaro Granata. Per questo suo nuovo lavoro, dal titolo Geppetto e Geppetto, Tindaro si fa accompagnare sul palco da altri sei attori coi quali porta in scena uno dei temi caldi degli ultimi anni, quello delle adozioni gay, con un’attenzione particolare alla difficile questione uterina. Temi su cui si è dibattuto all’infinito (e si continua a dibattere), tra chi sente il dovere di reclamare a gran voce diritti che andrebbero tutelati, chi relega queste argomentazioni nella categoria del folklore trash dragqueenesco e chi invece, mosso da un sentimento diciamo “catto-inamovibile”, dichiara un’assoluta chiusura a prendere in esame anche solo l’idea che una famiglia possa essere “capitanata” (bisogna abbracciare il trend delle metafore calcistiche) non da uno ma da ben due padri. Geppetto e Geppetto inizia proprio da qui; due padri e un figlio “fabbricato” in Canada che dopo trent’anni prende coscienza di non essere cresciuto in una famiglia cosiddetta normale. E lì si che saranno cazzi…

Simōne Gall