Come quella volta in cui il mio socio è salito sul palco del Rolling Stone per fare l’inchino a James e compagni, saltando giù proprio nel momento in cui due buttafuori lo stavano per acchiappare (dell’after al Plastic, invece, non ho ricordi). Come quella volta a Torino in cui demmo tutto durante il loro show, dimenticandoci che dopo di loro ci sarebbero stati i Daft Punk (immagina le conseguenze). Come quella volta ai Magazzini in cui chiusero un irripetibile Dance Marathon. Come quella volta in cui era appena uscito “45:33” e ci presentammo al concerto vestiti da corsa e con tanto di asciugamano sulle spalle. Come quella volta, proprio qui a Ferrara, in cui James era in trattoria a parlare di sua moglie e di quello che gli diceva di fare tra un whatdafuck e l’altro. Come quella volta al Madison Square Garden, quando gli LCD annunciarono l’ultimo show di sempre e “New York I Love You…” sembrava potesse non finire mai – ok, lo ammetto, questa l’ho vista su Youtube, poi nel film “Shut Up and Play the Hits” e mi è venuto da piangere, molto, ma giuro sarei andato in America solo per il concerto se il mio capo non mi avesse detto “puoi anche non tornare”. Proprio come quella volta in cui torniamo a Ferrara perché gli LCD non si sono più sciolti, era solo una pausa di riflessione, ed è uscito un grande album come “American Dream” – non certo inferiore alle tre pietre miliari precedenti – che non vedo l’ora di ballare con loro: definite la loro musica come vi pare (disco-punk-funk-house?), per me è semplicemente la colonna sonora degli anni Zero e Dieci.
Scritto da Simo "Pastu"