Lasciatemi dire quello che penso e che temo pensiate anche voi: ad un anno e poco più dall’apertura, Camera – il Centro Italiano per la Fotografia di Torino – sembrava navigare in cattive acque. Almeno tre mostre di punta – ampiamente strombazzate sulla cartellonista promozionale della città – parevano allestite come specchietti per le allodole (Edward Weston, con pochi pezzi e poco influenti), al risparmio (Francesco Jodice: Panorama) o scarti di eventi di ben altra portata (Around Ai Weiwei, un’imbarazzante raccolta di brutte fotografie di un artista famoso di cui francamente nessuno sentiva la necessità); anche la presenza del brand Leica nello shop monobrand sembrava in ritirata, con il negozio chiuso la domenica pomeriggio. Che fare? Cambiare direttore. Fuori Lorenza Bravetta, dentro Walter Guadagnini, nome dal curriculum solido, che riparte con i blockbuster: la Magnum e l’Italia, Cartier Bresson e Pellegrin. La fotografia che piace, che rassicura e che vende. E ci sarà un perché: oltre che di ricerca e di filologia, un museo vive di bellezza e, dopo l’enfasi dell’inaugurazione, di bellezza a Camera se n’è vista proprio pochina. A Guadagnini il compito di rilanciare il progetto, di conciliare mainstream e curatele coraggiose, di appagare il pubblico torinese, ma anche aprirlo al contemporaneo. Non è un compito facile, ma è certo l’unico modo per evitare a Camera il triste epilogo della Fondazione Italiana per la Fotografia. Crederci è d’obbligo, perché Torino non ha davvero bisogno di altre occasioni sprecate. Si riparte, dunque. Dai, forza.
Angelo Manganello