Dopo settimane di caos sulla cultura, chi sta aperto e chi sta chiuso, l’invenzione di opening estesi all’intera giornata, di accesso “contingentato”, discussioni sull’opportunità di criteri che chiudono eventi e spettacoli ma non gallerie e musei, è suonato il gong: con il decreto che limita i movimenti da e per la Lombardia e 14 province venete, emiliane e piemontesi, tutti i musei chiudono i battenti insieme a cinema e teatri ed eventi. Anche a Bologna (che non rientra tra le province indicate dal decreto), dove oltre ai musei è sospesa l’apertura delle biblioteche e di tutti gli altri luoghi della cultura (archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali).
Quanto ai bar e ristoranti, nelle zone rosse possono restare aperti solo fino alle 18, a Bologna continua a valere il decreto del 4 marzo che obbliga al rispetto del metro di distanza.
È una linea dura: ma almeno, speriamo, è una linea. La cosa peggiore di queste settimane è stata l’ambiguità, con i provvedimenti lasciati all’interpretazione personale e il narcisismo di politici ed esperti di vario genere che fomentavano messaggi contraddittori.
A quanto pare, visto che la tenuta degli ospedali sta cedendo, avremo tre settimane di stasi radicale.